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Evaristo Galois

Evaristo Galois

Evaristo Galois
La tragica storia di Evaristo Galois

Evaristo Galois Il Rimbaud Della Matematica. Un articolo che paragona il genio matematico al genio poetico.

La matematica pura è quella scienza in cui non sappiamo di cosa stiamo parlando e se ciò che stiamo dicendo è vero.
Bertrand Russel

Nella misura in cui le proposizioni della matematica si riferiscono alla realtà, esse non sono certe, e nella misura in cui sono certe, non si riferiscono alla realtà.
Albert Einstein

Dicono che la matematica sia una scienza esatta, ma, poiché è stata creata dall’uomo che come si sa è un essere non del tutto infallibile, io non ne sarei proprio sicuro!
Carl William Brown

Certi scienziati dicono che nell’immanenza, né la logica matematica né la scienza non possono dimostrare l’inesistenza di Dio, per cui ne risulta altresì che nella loro stupidità ne possono invece sostenere l’esistenza!
Carl William Brown

Per la logica matematica il caos fondamentalmente non esiste, è dunque del tutto evidente che il nostro mondo non è proprio per niente logico.
Carl William Brown

Il miglior argomento della matematica è certamente costituito dai limiti, termine che per la nostra misera umanità non è certamente da intendersi in modo matematico.
Carl William Brown

Nell’articolo che segue di Giorgio Celli (uno dei pochi professori universitari abbastanza brillanti che l’Italia riesca ad esprimere) su Evaristo Galois, il Rimbuad della Matematica, vediamo come spesso la saccente e stupida arroganza di molti accademici non aiuti né il genio, né la ricerca, né l’equità. I professori universitari sono una delle varie caste privilegiate che esistono nel nostro paese e come hanno sostenuto sia F. Alberoni sia altri scrittori non sono poi così meritevoli e degni dei posti che occupano; per non parlare poi della corruzione che vi è in questi ambienti e delle connivenze che esistono con il più nefasto potere politico, industriale e malavitoso.

Tuttavia alcuni sono dei bravi insegnanti e degli abili ricercatori, ma solo alcuni, mentre la maggior parte dei nostri docenti universitari non fa altro che sfruttare le menti più brillanti dei vari studenti, non disdegnando al tempo stesso di occuparsi delle loro varie, molteplici e lucrose attività extradidattiche, che nulla hanno a che fare con la professione per la quale lo stato li paga, e alla quale dedicano pochissimo del loro tempo, in media circa 350 ore all’anno. Ma leggiamo ora il bellissimo scritto su Galois.

Evaristo Galois genio della matematica
Evaristo Galois genio della matematica

Da sempre, l’attenzione degli psicologi, e dei sociologi, è stata rivolta ai minus/varianti, agli handicappati, ai disadattati « dal basso », a quegli esseri umani, cioè, che risultano emarginati, o difficilmente integrabili socialmente, in forza di un limite, motorio, o mentale, che ne fa, in qualche modo, degli approssimati “per difetto” alle capacità medie degli uomini, al feticcio, così sfumato e imprendibile, della normalità.

Solo di recente, ad opera soprattutto dei ricercatori americani, si è fatta strada, faticosamente, la consapevolezza che esiste un’altra forma, opposta, di disadattamento, egualmente grave, una distonia “per eccesso”, che fa dell’uomo cosiddetto di genio, del bambino prodigio, degli esseri incapaci di collocarsi nel mondo, consegnandoli ad una esistenza solitaria e spesso rovinosa. Con una circolarità esemplare la tragedia del minus/variante si rispecchia sovente in quella del plus/variante, e l’handicappato e il genio sono le facce di una stessa moneta che non serve, a quanto sembra, per acquistare un certificato di piena cittadinanza tra gli uomini.

“Il genio è una lunga pazienza”, qualcuno ha scritto. Ma il bambino prodigio, questo impaziente per definizione, questo prevaricatore delle norme e delle aspettative, mette in crisi la verità sostanziale dell’aforisma; per lui, si direbbe, il talento non è affatto, come si vuole solitamente suggerire, una forma privilegiata di apprendimento, è l’espressione di un corto circuito tra mente e mondo, un fenomeno di impossessamento del reale attraverso una transazione fulminea e totalizzante.

La teoria di un rapporto di reciproca, e stretta, causazione e adattamento tra società e pensiero si disintegra sottilmente, costringedoci a chiamare in causa una “via altra” alla conoscenza, che non procede per accumulo, ma per salti quantici, una “comprensione per intuizione” di cui hanno parlato, da sempre i poeti, i mistici, e talora gli stessi scienziati, per lo meno quelli epistemologicamente più avvertiti.

O i filosofi, quando affermano che, in certo modo, l’uomo capisce il mondo perché lo fa: il cosmo è, in fondo, una immensa proiezione/fantasma, una allucinazione, su scala galattica, del nostro cervello. Gli esempi più strabilianti di “genialità precoce” ce li offrono, e certo non a caso, i matematici. Perché gli algoritmi sono, nell’essenza, creazioni mentali e si direbbe che la struttura dell’universo matematico risulti espressione speculare di una necessità, di una logica implicita nei meccanismi funzionali del cervello. La matematica è pensiero nel suo punto di massima congruenza e astrazione; un punto dove la ragione, partita per il mondo, ritorna, figliol prodigo della conoscenza, a se stessa.

Come spiegare, se non rifacendosi a questa segreta consonanza, a questo echeggiamento pitagorico, tra i numeri e la mente, il fatto che Gauss sapesse far di calcolo ancor prima di parlare e che, a due anni, potesse correggere il padre che aveva sbagliato a conteggiare il salario dei suoi operai? A dieci anni, lo stesso Gauss, strabiliò il maestro risolvendo, in maniera a un tempo geniale ed economica, il problema di scrivere i numeri da 1 a 100 e di sommarli. Gauss inventò questa scorciatoia:

100 + 1 = 101
99 + 2 = 101
98 + 3 = 101

per cui moltiplicando 50 X 101 ottenne 5.050, il risultato desiderato.

A 19 anni, questo ragazzo figlio di un padre ignorante e un poco brutale, che gli contestava la vocazione, era considerato universalmente uno dei più grandi matematici viventi. Esemplare, per il nostro discorso, è il caso di Evaristo Galois, esemplare non solo per la precoce manifestazione del suo genio, ma anche per la sua vita breve, tormentata e piena di contraddizioni che fanno di lui un autentico “Rimbad della matematica”.

Jean Arthur Rimbaud genio della poesia
Jean Arthur Rimbaud genio della poesia

Jean-Arthur Rimbaud, come si sa, è stato uno dei massimi archetipi e fondatori della poesia moderna. Ragazzo prodigio, scrisse, in un vero e proprio delirio creativo, i suoi lucidi, fosforici poemi tra i 15 e i 20 anni, per mettere in atto, al culmine di questa sua prodigiosa avventura intellettuale, una sorta di “suicidio differito”. Smise, infatti, di occuparsi di letteratura, si imbarcò per l’Africa, e diventò, come lui stesso ha scritto, uno dei tanti “feroci viaggiatori dei paesi caldi”. Malato, mentre le sue opere erano lette ed esaltate da tutta Parigi, morì, non ancora quarantenne, in un tetro ospedale, disperato e sconosciuto, paradigma di quel “disadattamento per eccesso”, di cui abbiamo parlato all’inizio. Galois scoprì la matematica a 16 anni leggendo, per caso, un libro di testo, quello di Legendre. Come Rimbaud, Galois non ebbe maestri.

La poesia e la matematica si scoprono e si vivono, non sì imparano. Tutto quello che vale la pena di apprendere, purtroppo, ed è la disperazione della didattica, non lo si può insegnare. Dal momento in cui Evaristo trova se stesso, e il suo vero mondo, la sua vita è segnata. Il più grande matematico di tutti i tempi, come lo definisce Infeld, nel suo romanzo/biografia, così appassionato e tendenzioso, viene bocciato per due volte agli esami di matematica che era necessario superare per essere ammessi al Politecnico.

Ouesti scacchi sono un sintomo delle difficoltà dell’ “handicappato da genio”. Galois, che percorre, solitaria meteora, i cieli estremi della speculazione matematica, si sente offeso dalle banali domande dell’esaminatore, e rifiuta, nella coscienza dei suoi segreti poteri, di prestarsi al gioco, risibile, di quella prova, troppo ingiuriosamente al “disotto” delle sue capacità. Ma il calvario del disadattato per eccesso è solo agli esordi.

Per ben tre volte, Galois invia il resoconto delle sue scoperte matematiche all’Accademia, ma, cecità e stolidità di chi si ritiene ormai un padrone della sapienza, il responso ufficiale è, come nelle regole, deludente. Chauchy, criminalmente, smarrisce e forse cestina due manoscritti dell’oscuro e perentorio studente, Poisson ne esamina un terzo, e crede di scoprirvi un errore, mentre, al contrario, la storia farà giustizia, è lui, il maturo matematico applicato, e non l’introverso postulante, a prendere una grossolana cantonata!

Al contrario di Rimbaud, che partecipò, forse, alla Comune di Parigi, ma sicuramente con scarso entusiasmo, Galois fu uno scienziato ansioso di intervenire nelle vicende del proprio tempo, fu un uomo, come si direbbe oggi, politicamente impegnato. Repubblicano, nemico dei preti, nel crogiuolo rovente degli anni attorno al 1830, che videro la ascesa e la caduta delle ultime, esangui, monarchie francesi, prima dell’avvento di “Napoleone il Piccolo”, partecipò, studente sessantottardo ante-litteram, alle agitazioni sociali che travagliavano la nazione e venne arrestato e processato due volte, la prima per istigazione al regicidio, per, come si direbbe oggi, apologia di reato, la seconda per detenzione d’armi.

La tragica morte di Galois genio della matematica
La tragica morte di Galois genio della matematica

A 21 anni non ancora compiuti, questo giovane asceta consacrato alla rivoluzione e agli algoritmi, così ansioso di migliorare il mondo, ma cosi poco esperto dei suoi labirinti e delle sue trappole, venne coinvolto in una “storia di donne”. Un amore, un rivale, un duello: si compie, così, il suo destino. Forse, come suppone Infeld, è tutta una trama della polizia per liquidare lo studente contestatore e libertario. Una faccenda da “servizio segreto”.

Ci imbattiamo, qui, in una delle più brucianti, e sconsolanti, contraddizioni del genio. Evaristo Galois, questo atleta del pensiero, che anticipa i decenni, che vive progettando l’avvenire, è miserevolmente schiavo, come l’ultimo dei bellimbusti, delle convenzioni del suo tempo. Non può sottrarsi al dovere di accettare una sfida a duello. Uomo del futuro, muore in nome degli ideali del passato.

La notte prima di recarsi al luogo del suo suicidio – Galois era completamente, o quasi, inesperto di armi, mentre il suo rivale era noto come un tiratore formidabile – egli decide di scrivere il proprio testamento scientifico. Ha una notte per guadagnarsi l’immortalità, per continuare a vivere in quel domani, che al presente, finirà per capirlo. Scrive, per esteso quanto gli è possibile, le sue intuizioni matematiche.

Questa lotta, di Galois contro il tempo, che gli sfugge, e contro l’oblio, per dare un senso alla sua vita in articulo mortis, è una delle imprese più epiche, e patetiche, che ci siano mai state raccontate. All’alba, la fatica di Sisifo è compiuta. Le sue disposizioni testamentarie chiamano in causa tutti noi: ci ha lasciato in eredità la teoria dei gruppi, universo incantato in cui si smarriranno, affascinati, i matematici del Novecento e delle cognizioni così avanzate sugli integrali ellittici, che, come scrive Colerus, “solo Riemann e Weirstrass riusciranno a interpretare”.

Handicappato da genio, prigioniero dell’etica esausta di una società che non l’aveva amato, e che non amava, Galois si incamminò verso quel luogo che era, per lui, l’equivalente, come fuga da se stesso, dell’Africa arroventata dal sole di Rimbaud.

Un colpo di pistola gli risolse per sempre l’equazione algebrica di grado infinito della vita.

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