Insegnamenti di Platone. Fare della filosofia rettamente consiste nel non scegliere i tipi di esistenza peggiori al posto dei migliori per ignoranza del migliore e del peggiore, e, quando si siano scelti i migliori, nel non inclinare verso i peggiori per un impulso non controllato.
Platone
Platone nei dialoghi socratici sostiene che non esiste alcuna affermazione che tiene, praticamente tutto va messo in discussione; qui dunque vi sono le radici del relativismo, del pluralismo, della dialettica e dell’etica della conoscenza.
Carl William Brown
Finché si tratta di calzolai che siano incapaci o che sian corrotti, o che si vantino di essere abili pur non essendolo, non ne verrebbe una gran perdita per lo Stato. Ma vedi bene che se fossero i Custodi delle leggi e dello Stato a fingere di essere custodi, mentre non lo sono, sarebbe la Città intera a correre il rischio di una completa distruzione, proprio perché la sua felicità e la sua buona amministrazione sono nelle loro mani.
Platone, La Repubblica, IV, 421A
Interrogarsi è compito del filosofo, perché non vi è altro modo per dare inizio alla filosofia.
Platone
Il comportamento umano scaturisce sempre da tre fonti principali: desiderio, emozione e conoscenza.
Platone
Ogni cosa in questo mondo è un’ombra della sua forma ideale nel mondo delle idee.
Platone
I particolari riconducono necessariamente e inevitabilmente a universali.
Platone
L’anima dell’uomo è immortale e imperitura.
Platone
Imparare è ricordare.
Platone
La bellezza è mescolare in giuste proporzioni il finito e l’infinito.
Platone
La miglior soluzione a tutti i problemi è la pazienza.
Platone
Per natura all’opinione piace opinare.
Platone
Gli uomini condannano le ingiustizie non perché ritengono criminale commetterle, ma perché temono di poterne essere vittime.
Platone
Per il bene degli Stati sarebbe necessario che i filosofi fossero re o che i re fossero filosofi.
Platone
Schiavi e padroni non potranno mai essere amici.
Platone
Socrate: ”Che mai sarà allora Eros?” Diotima: ”Un grande demone, o Socrate: giacché tutto ciò che è demonico è qualcosa di mezzo tra dio e mortale.”
Platone
Tieni conto che la grande ricchezza e l’estrema povertà rendono l’uomo infelice in quanto l’una produce lusso, pigrizia e moti rivoluzionari, e l’altra grettezza, lavoro scadente e moti
rivoluzionari.
Platone
Non si deve onorare un uomo più della verità della stupidità.
Carl William Brown
Già più di 2000 anni fa Platone consigliava di far amministrare la politica da re-filosofi che non avrebbero potuto possedere beni privati; ora dopo secoli di progresso culturale ci ritroviamo al potere degli imbecilli super ignoranti che pensano solo a fregar denari, naturalmente con il consenso del popolo civilizzato.
Carl William Brown
Se la nostra umanità è passata dalla grandezza di filosofi come Socrate, Platone ed Aristotele all’imbecillità, all’egoismo e al deleterio affarismo di tanti nostri politici e intellettuali moderni, significa che il nostro sistema educativo, pedagogico, comunicativo, giudiziario e amministrativo ha miseramente fallito, come hanno fallito le religioni e i massimi esponenti di tutte le attuali correnti filosofiche, artistiche e letterarie. L’unica autorità che ha veramente trionfato nel corso dei secoli è la stupidità delle nostre società. La responsabilità ovviamente è un po’ di tutti noi, ma principlamente è da attribuirsi ai nostri leaders, i quali sono tali, proprio in virtù della penosa condizione mentale di chi li considera tali.
Carl William Brown
Io ho infatti la ferma convinzione che, come Reinach afferma, Platone sia il “più grande filosofo in assoluto” comparso sulla terra, e che il compito di chi lo vuole comprendere e fare comprendere agli altri, pur avvicinandosi sempre di più alla Verità, non può mai avere fine.
Giovanni Reale, Platone. Alla ricerca della sapienza segreta.
La grandissima intuizione di Platone, ancora oggi difficilmente confutabile, è stata proprio quella di concepire il mondo delle idee, perfetto e in sé compiuto, a differenza di quello della materia, che è deficienza, imperfezione, banalità, stupidità, fallacia, errore e dolore, la quale per di più si degrada sempre maggiormente rispetto alla perfezione dei modelli ideali e quindi produce degli effetti, soprattutto sugli esseri umani, che peggiorano irrimediabilmente col passar del tempo. Avesse pensato solo questo, sarebbe già stato il più grande filosofo di tutti i tempi.
Carl William Brown
Socrate diceva che il compito dell’uomo è la cura dell’anima: la psicoterapia, potremmo dire. Che poi oggi l’anima venga interpretata in un altro senso, questo è relativamente importante. Socrate per esempio non si pronunciava sull’immortalità dell’anima, perché non aveva ancora gli elementi per farlo, elementi che solo con Platone emergeranno. Ma, nonostante più di duemila anni, ancora oggi si pensa che l’essenza dell’uomo sia la psyché. Molti, sbagliando, ritengono che il concetto di anima sia una creazione cristiana: è sbagliatissimo. Per certi aspetti il concetto di anima e di immortalità dell’anima è contrario alla dottrina cristiana, che parla invece di risurrezione dei corpi. Che poi i primi pensatori della Patristica abbiano utilizzato categorie filosofiche greche, e che quindi l’apparato concettuale del cristianesimo sia in parte ellenizzante, non deve far dimenticare che il concetto di psyché è una grandiosa creazione dei greci. L’Occidente viene da qui.
Giovanni Reale, Storia della filosofia antica.
Al di là delle opinioni che ognuno può farsi sul pensiero di Platone è però innegabile che questo autore sia il primo grande filosofo che non si concentra solo sulla spiegazione del mondo esterno e del cosmo, ma amplia la sua ricerca a quelle che diventeranno le questioni principali di questa disciplina: ontologia, epistemologia, estetica, filosofia politica e morale, e nel farlo formula esplicitamente o precorre le categorie essenziali del pensare filosofico. A conferma di quanto detto, basti pensare che il filosofo inglese Alfred North Whitehead è giunto ad affermare che “la maniera più certa per definire la tradizione filosofica europea nel suo insieme è dire che consiste in una serie di note a margine di Platone.” Del resto anche l’antiplatonico Michel Onfray ha recentemente sostenuto che: “il modo di scrivere la storia della filosofia è platonico. Ampliando il quadro: è platonica la storiografia dell’Occidente liberale”. Per cui nel bene e nel male è scontato che non si può comprendere la storia del pensiero senza conoscere Platone.
E.A. Dal Maschio
La dottrina delle idee secondo la quale oggetto della conoscenza scientifica sono entità e valori che hanno uno status diverso da quello delle cose naturali e caratterizzato dall’unità e dalla immutabilità. In base a questa dottrina la conoscenza sensibile, che ha per oggetto le cose nella loro molteplicità e mutevolezza, non ha il minimo valore di verità e può solo ostacolare l’acquisizione della conoscenza autentica.
La dottrina della superiorità della saggezza sulla sapienza, cioè del fine politico della filosofia: la quale ha come suo scopo finale la realizzazione della giustizia nei rapporti fra gli uomini e quindi in ogni singolo uomo.
La dottrina della dialettica come procedimento scientifico per eccellenza, cioè come metodo attraverso il quale la ricerca associata in primo luogo giunge a riconoscere un’unica idea e in secondo luogo passa a dividere l’unica idea nelle sue articolazioni specifiche.
Nicola Abbagnano
Platone utilizza entrambi i termini “forme” e “idee” indistintamente, anzi privilegia il secondo sul primo. Comunque è di fondamentale importanza sottolineare che quando Platone parla di “idee” non si riferisce ad una creazione della nostra mente, al risultato di un processo mentale (ovvero a ciò cui oggi noi facciamo riferimento con il termine idea). Le idee platoniche non sono astrazioni o costrutti del soggetto pensante, un prodotto dell’Io, dell’Ego o del soggetto trascendente che pensa, bensì entità reali, esistenti indipendentemente dal fatto che vi sia un soggetto che le pensa o le vede: sono “cose”. In questo senso il termine “forma” risulta più chiaro e meno a rischio di confusione.
E.A. Dal Maschio
Platone (Atene 428 – 347 a.C.), nacque da una famiglia aristocratica che annoverava tra gli antenati il leggendario re di Atene Codro e il legislatore del VI secolo a.C. Solone. Rimasta vedova, la madre sposò Pirilampo, un aristocratico amico di Pericle che crebbe Platone in un ambiente culturale democratico. Il giovane fruì di un’approfondita educazione artistica (studiò pittura, musica e compose liriche e drammi), ricevendo rudimenti di educazione filosofica da Cratilo, seguace delle dottrine di Eraclito; determinante fu tuttavia la conoscenza di Socrate, di cui divenne allievo.
Platone assistette con lui alla caduta del governo dei Trenta tiranni e alla restaurazione; dopo la morte di Socrate, decretata nel 399 a.C. dal governo democratico, amareggiato dalla situazione politica e accusato di simpatie aristocratiche, lasciò Atene e viaggiò in Egitto e in Magna Grecia. A Taranto conobbe Archita, seguace delle dottrine di Pitagora, e in Sicilia, a Siracusa, il tiranno Dionisio il Vecchio. Costui, infastidito dal tentativo di Platone di mettere in pratica le sue concezioni politiche esercitando una benefica influenza sul suo giovane cognato Dione, lo arrestò e lo mise in vendita come schiavo a Egina. Riscattato fortunosamente, tornò ad Atene, dove nel 387 a.C. fondò una scuola filosofica, che dal nome di un mitico eroe venne detta Accademia.
Tentando ulteriormente di fondere le sue concezioni filosofiche con la prassi politica, Platone si recò in Sicilia nel 366 a.C., sempre invitato da Dione, con lo scopo di educare al buon governo il successore di Dionisio il Vecchio, Dionisio il Giovane. Dionisio, tuttavia, istigato da una potente fazione di oppositori, esiliò Dione. Nel 365 a.C., poiché era scoppiata in Sicilia una guerra fra le città greche, Platone si imbarcò per Atene; tornò a Siracusa nel 361 a.C., ma ma ancora una volta il viaggio si rivelò infruttuoso – le misure adottate da Dionisio contro Dione divennero via via più gravi – e, accusato di complotto, poté rientrare ad Atene solo grazie all’intercessione di Archita di Taranto. Da allora s’impegnò nell’insegnamento all’Accademia sino alla morte, che lo colse ottuagenario.
Platone è il pensatore che grazie all’ampiezza dei temi trattati e delle questioni poste nelle sue opere, delimita per la prima volta tutti o quasi tutti gli ambiti che definiscono il compito della filosofia e ne risulta quindi uno die più grandi fondatori. Il suo attaccamento dogmatico alla negazione dei sensi e l’imprudente estensione del concetto di realtà (forma) a qualsiasi termine o oggetto del nostro pensiero lo fanno certamente cadere in contraddizioni, errori e interpretazioni mitiche e surreali, tuttavia il suo successo è dovuto al fatto di trascendere la realtà e di aspirare ad una idealità superiore, attraverso la continua ricerca ed il costante impegno filosofico, e quindi pragmatico, nel perseguimento del bene, del bello e della giustizia, attraverso un saggio controllo delle passioni più negative. La felicità per Platone consiste nella ricerca del Bene e del Bello: ma una volta raggiunti questi scopi, tramite un’educazione che porta alla saggezza, intesa come capacità di distinguere il vero bene e il vero bello dai falsi beni, e una volta soddisfatto il desiderio di felicità, questa svanisce se non sorge un altro desiderio.
La morale individuale allora non è sufficiente per il conseguimento della felicità che deve essere invece garantita dallo Stato guidato dai filosofi che soli sono in grado di creare le condizioni propizie per la felicità dei cittadini. La sua filosofia, proprio per la sua spiritualità, non solo è molto affine al Cristianesimo ma possiamo dire che ne getta proprio le basi. L’immortalità dell’anima, una dottrina escatologica che prevede premi e punizioni dopo la morte, il disprezzo del corpo e del piacere, la realtà che è di un altro mondo, un ideale politico incentrato su una società retta da una casta di saggi in possesso della verità che governa su un gregge la cui missione è quella di obbedire, sono un terreno molto fertile nel quale bastava solo piantarci un Dio creatore ed eliminare alcune cose sgradite, come l’omosessualità, la reincarnazione, per ottenere proprio la nuova dottrina cristiana su cui poter iniziare a lavorare.
Sempre per ricollegarci ad un Dio creatore, la storia della creazione dell’universo e dell’uomo da parte del Demiurgo in Platone è mitica, eppure in molti punti non è altro che uno sviluppo ulteriore della teoria delle idee. Il Creatore del mondo non crea le cose dal nulla; egli plasma il mondo da un caos preesistente di materia introducendo modelli presi dalla sfera delle forme. Questo processo di formazione è anche spiegato nel Timeo in termini di varie figure matematiche. Nel primo periodo dell’universo Dio (Chronos) esercitava una sorta di cura provvidenziale sulle cose di questo mondo, ma alla fine l’uomo fu lasciato alla msua volontà. Il racconto, alla fine della Repubblica, descrive un giudizio di anime dopo la morte, la loro separazione tra buoni e cattivi, e l’assegnazione di varie pene e premi.
Da considerare inoltre che le concezioni di Platone furono interpretate religiosamente da Plotino che fondò la scuola Neoplatonica nel 250 d.C. e successivamente nel 386 sant’Agostino di Ippona integra le teorie di Platone nella dottrina cristiana. Così di fatto il Platonismo fu sempre tenuto in alta considerazione dai Padri della Chiesa come Ambrogio, Agostino, Giovanni Damasceno e Anselmo di Canterbury e continuò ad essere la filosofia approvata dalla Chiesa fino al XII secolo. Ma non solo, l’Umanesimo e il Rinascimento segnarono una ripresa del Platonismo nell’Accademia fiorentina di Marsilio Ficino e Pico della Mirandola. Successivamente in Inghilterra i platonici di Cambridge (H. More, Th. Gale, J. Norris) nel XVII secolo segnarono l’inizio di un interesse per Platone, che non si è ancora spento nelle università inglesi. Oggi gli scritti etici di A.E. Taylor, la teoria delle essenze svolta da G. Santayana e la metafisica di A.N. Whitehead sono forme molto vicine ad un platonismo contemporaneo.
Benché il platonismo sia caratterizzato da un parziale disprezzo per la conoscenza dei sensi e gli studi sperimentali, tuttavia ha una grande considerazione per la matematica e per il suo metodo. Vi è in Platone una forte aspirazione per un mondo diverso e migliore (ideale quindi), la sua visione è chiaramente spiritualistica, e il suo metodo di discussione implica una sempre più profonda intuizione, piuttosto che un percorso logico seguito ad esempio da Aristotele, e soprattutto vi è in lui una salda fede nella capacità della mente umana di raggiungere la verità assoluta e di usare questa virtù per dirigere razionalmente la vita e le opere umane. Le forme per Platone si “scoprono” attraverso la memoria e si “contemplano” e durante questo processo si fa emergere l’occhio dell’anima. Si tratta di qualcosa che assomiglia ad un’illuminazione, ovvero ad un accesso quasi mistico alla verità. In questo ci ricorda il ruolo del poeta nella tradizione orale, che non ha la funzione di creare o di conoscere per proprio conto, ma quella di ricordare: di comporre, dunque, sotto dettatura, per ricevere una sapienza diffusa e impersonale.
Non a caso le divinità ispiratrici dei poeti sono le Muse, figlie di Apollo e di Mnemosyne, dea della memoria. La sua teoria dell’educazione è basata quindi sull’estrazione (educatio) di ciò che è già confusamente conosciuto da colui che apprende, una sorta di innatismo degli universali ad esempio linguistici, ma non solo, per intenderci. Naturalmente il programma educativo dei re-filosofi era un po’ eccessivo, doveva durare fino ai trentacinque anni, studiando letteratura, filosofia, ginnastica, matematica, dialettica, si richiedevano poi altri quindici anni di apprendistato pratico nelle cariche subordinate dello stato, e finalmente a cinquant’anni si consigliavano i governanti di ritornare allo studio della filosofia.
Platone attraverso i miti costrusice la sua interpretazione filosofica e concettuale della realtà. Per esempio nel Fedro, scopriamo che prima della nascita, le anime immortali vagano nei cieli attorno a quelle degli dei; durante il volo attraversano la regione celeste ove risiedono le forme e possono contemplarle fugacemente in una visione che dimenticheranno nel momento in cui si uniranno a un corpo al momento della nascita. Ma è proprio questa visione delle forme prima di venire al mondo che ci permette di scoprirle una volta che ci siamo trasformati in comuni mortali, infatti il rapporto con i diversi oggetti della nostra esperienza, che sono tutte copie delle forme, risveglia inq ualche modo nella nostra anima il ricordo delle essenze contemplate prima di nascere.
Questa in pratica è la teoria della conoscenza di Platone, è la dottrina dell’anamnesi, della reminiscenza. Troviamo la conferma di tutto ciò in quanto segue: lungo la nostra vita vediamo infiniti oggetti più o meno uguali tra loro, e da essi arriviamo all’idea di uguaglianza, tuttavia poiché l’uguaglianza in sé non è qualcosa che appartiene al mondo della nostra esperienza (non esiste un oggetto “uguaglianza”), questa idea non può provenire dai sensi e deve essere in qualche modo presente nella nostra anima già prima della nascita. Conoscere, elevarsi fino alle forme, è ricordare: “Giacché l’anima che non abbia mai visto la verità non giungerà mai a questa nostra forma umana. Perché bisogna che l’uomo comprenda ciò che si chiama Idea, passando da una molteplicità di sensazioni a una unità organizzata del ragionamento. Questa comprensione è reminescenza delle verità che una voltas l’anima ha veduto, quando trasvolava al seguito di un Dio.” Platone Fedro 249 b-c
Sul piano biografico, Platone, scrivendo i suoi dialoghi, fa letteralmente tornare Socrate dal regno dei morti, per farlo continuare a discutere con noi e questa è la grandezza del metodo dialettico di Platone, esteso non solo ai vivi, ma anche ai grandi del passato e al regno dei morti, proprio grazie al ricordo, che è la base dell’apprendimento; in seguito T.S. Eliot affermerà proprio “And what the dead had no speech for, when living, They can tell you, being dead: the communication Of the dead is tongued with fire beyond the language of the living.” Dal punto di vista letterario, un dialogo scritto, se riesce a stimolare il pensiero in prima persona del lettore, è metaforicamente un ritorno dal regno dei morti.
Grazie a Platone ci rendiamo conto che le idee nate in un contesto temporalmente e spazialmente delimitato possono ritornare vive nel rapporto con chi legge, e addirittura dire qualcosa di nuovo e di creativo. In questo modo hanno, oltre alla prima, infinite vite successive. Senza Platone quasi non conosceremmo nemmeno il pensiero di Socrate, il quale è ancora vivo e parla con noi, o, meglio, leggendo i testi platonici, si fanno rivivere infiniti Socrati, in connessione con ciò che noi pensiamo per conto nostro. Dal punto di vista morale, una scelta libera può essere pensata come una morte, cioè come una cesura col passato. Nello stesso tempo, però, è anche un ritorno alla vita, se si sa ricordare come e perché si è scelto.
Platone ci ha anche insegnato che solo la trascuratezza ci fa dimenticare che noi, avendo scelto, siamo liberi, e che possiamo renderci migliori. La nostra libertà è “mitica”, nel senso che possiamo esserne consapevoli solo ricordando criticamente la nostra storia – come non potevano fare i poeti, i quali sono condannati alla ripetizione e all’immersione acritica in un flusso non concettuale, incontenibile e indefinibile, proprio come l’acqua del fiume Amelete. Se le nostre scelte sono importanti, e se sappiamo tenerlo a mente, ci risulterà chiaro che il mondo può essere migliore di quello che è.
Siamo nel mondo di Ananke, ma cambiare è possibile, perché noi stessi possiamo trasformarci e migliorarci. Il ritorno di Er dal regno dei morti è un’immagine forte dello spirito che ispira la metafisica di Platone: la realtà esiste solo nella misura in cui è viva e in tensione verso il meglio. Noi esistiamo in maniera piena solo se sappiamo fare le nostre scelte – se sappiamo, cioè, valorosamente morire e consapevolmente rinascere, senza dimenticare nulla, come nel racconto straordinario che mette fine alla Repubblica.
La filosofia Platonica dell’arte mette in rilievo il valore dell’imitazione razionale delle realtà ideali, piuttosto che l’imitazione fotografica delle cose dei sensi e delle esperienze individuali. Tutte le cose belle partecipano all’idea della bellezza. L’artista è spesso descritto come un uomo trasportato dall’ispirazione, simile ad un folle. L’arte bella non si distingue dall’arte utile, tanto che sia nella Repubblica sia nelle Leggi l’arte è subordinata al bene dello stato, e le forme d’arte asociali, pericolose per la morale dei cittadini, sono severamente escluse. L’etica di Platone è intellettualistica, e la sapienza è la virtù più grande. La fortezza e la temperanza sono le virtù necessarie delle parti inferiori dell’anima e la giustizia, nell’individuo come nello stato, è la’rmoniosa cooperazione di tutte le parti sotto il controllo della ragione. Dei piaceri i migliori sono quelli dell’intelletto e la più grande felicità per l’uomo si trova nella contemplazione delle idee supreme.
Nella teoria platonica, l’amore (eros) s’accende a contatto della bellezza fisica ma, avvertendo in essa la presenza dell’idea, ascende, per gradi, ad essa, risolvendosi nella contemplazione noetica del Bello assoluto, in cui si acqueta. Dal racconto del dialogo tra Socrate e Diotima nel Convivio (o Simposio) si arriva alla definizione di amore come “desiderio di possedere sempre il bene” o più precisamente, “l’amore della generazione e della procreazione nel bello” in quanto per Platone il Bene in sé e la Bellezza sono la stessa cosa. “Perché questo è proprio il modo giusto di avanzare o di essere da altri guidato nelle questioni d’amore: cominciando dalle bellezze di questo mondo, in vista di quella ultima bellezza salire sempre, come per gradini… fino a poter contemplare la stessa bellezza divina, pura semplice, non mescolata, né rivestita da carne umana, né da colori, né da altra frivolezza mortale, nell’unicità della sua forma”. Pertanto, tutti gli uomini condividono il desiderio universale del bene e del bello, desiderio che, opportunamente incanalato in coloro che sono “fecondi nell’anima”, fa in modo che il loro spirito si elevi al di sopra della realtà materiale fino a scoprire le forme della Bellezza in sé. Socrate: ” Che mai sarà allora Eros? ” Diotima: ” Un grande demone, o Socrate: giacché tutto ciò che è demonico è qualcosa di mezzo tra dio e mortale.
Un’idea fondamentale, insita nel nome stesso, che Platone ha contribuito a diffondere è quella del Daimon. “Daimonia kainà” significa letteralmente “nuove (creature) divine”. Il daimonion di cui si parla nell’Apologia è l’aggettivo neutro che viene da daimon (da daiomai: dispenso, do in sorte), una creatura divina non necessariamente malevola, che presiede alle sorti degli uomini, una specie di genio tutelare, uno spirito che ci consiglia e indirizza, e che ci stimola a riflettere, senza per questo imporci le sue decisioni. Un daimon è contenuto nella parola eudaimonia (felicità), che significa, etimologicamente qualcosa come: “un buon daimon governa il mio destino”. Il daimon è la creatura divina che presiede al destino di ciascuno. Nel racconto di Er, il daimon non capita in sorte, ma è oggetto di una scelta. La libertà di scelta rende la virtù “senza padrone”, a differenza di quanto avveniva nella morale tradizionale, ove questa era appannaggio di una figura sociale ben determinata, l’aristos, o comunque di un gruppo estremamente ristretto.
La scelta, e dunque la libertà, è qualcosa di indipendente dalla nostra immagine corporea e sociale: sono offerti alla scelta paradigmi di vita di tutti i tipi, di uomini, donne e perfino animali. Tuttavia nella filosofia platonica sono le anime a scegliere la loro sorte, e proprio per questo possono compiere delle scelte molto differenti fra loro: ciascuno si procaccia la felicità, nel senso moderno di soddisfazione personale, a modo proprio. Ma Socrate sottolinea che la questione dello scegliere, e dello scegliere giustamente, in modo da massimizzare l’eudaimonia, è un problema capitale. Questa eudaimonia esiste non tanto perché un buon daimon presiede al nostro destino, quanto perché noi stessi abbiamo scelto un buon daimon. Elemento essenziale dell’eudaimonia, dunque, non è più il daimon, ma il carattere della nostra scelta. Non ci può essere eudaimonia senza autonomia. Se lo scegliere è essenziale, la felicità non può essere ridotta a un modello, in base al quale coltivare le persone. Anche per questo, i paradigmi di vita offerti in opzione sono numerosi e differenti fra loro.
Con i grandi pregi di Platone che assegna alla filosofia, alla dialettica, all’impegno costante del pensatore, al valore estremo del buon comportamento per perseguire il bene e la saggezza, un’importanza fondamentale, vi sono tuttavia anche alcuni difetti nella sua impostazione concettuale e metodologica: il primo è certamente la svalutazione del ruolo dei sensi nell’indagine conoscitiva che ha aperto un profondo distacco della cultura tecnica e empirica che verrà colmato soltanto nel XVI e XVII secolo; abbiamo poi l’attribuzione di un carattere estremamente mistico e quasi magico ai numeri, difetto che risale a Pitagora, e questo comporterà nei secoli delle gravi conseguenze nel terreno della mancata applicazione della matematica nel mondo epirico; infine possiamo dire che la grandezza stessa dell’influsso di Platone nella storia del pensiero, diede alla cultura dell’epoca e anche a quella successiva un’impronta così profonda tale da determinare anche un limite ed una difficoltà per le ulteriori innovazioni e ricerche nell’ambito della conoscenza scientifica e sperimentale.
Concludendo possiamo in ogni caso affermare che Platone, l’antico filosofo greco, allievo di Socrate e maestro di Aristotele, ha senza ombra di dubbio gettato le basi filosofiche della cultura occidentale. Basandosi sulla vita e sul pensiero di Socrate, egli sviluppò un sistema filosofico molto originale e profondo. Il suo pensiero ha aspetti logici, epistemologici e metafisici, ma la sua motivazione di fondo è etica e più che mai attuale. A volte si basa su congetture e miti, e occasionalmente ha un tono mistico. Tuttavia Platone è un razionalista, devoto alla proposizione che la ragione deve essere seguita ovunque essa conduca e questo apre chiaramente la strada alle nuove ricerche di Aristotele che integra la filosofia con il ruolo fondamentale dell’osservazione logica della realtà che ci circonda. Quindi possiamo affermare che il nucleo della filosofia Platonica è un’etica razionalista di tutto rispetto dalla quale non possiamo allontanarci né tanto meno possiamo fare a meno di approfondirla e di studiarla anche nel futuro.
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