Ricordi e bucce di mandarino. Un articolo che narra una serie di ricordi di famiglia stimolando la memoria con il profumo e l’aroma delle bucce di mandarino.
La vita è talmente corta e talmente stupida che non si può fare a meno di ribellarsi; ecco perché scrivo, non potevo andarmene via senza lasciare il ricordo del mio passaggio.
Carl William Brown
Per essere felici bisogna eliminare due cose: il timore di un male futuro e il ricordo di un male passato; questo non ci riguarda più, quello non ci riguarda ancora.
Seneca
Quando mia madre era ancora viva ero sicuramente più felice di oggi dove posso solo avere ricordi del suo amore e un sorriso su una foto che mi rende così triste!
Carl William Brown
I ricordi sono la nostra storia personale, il filo che tiene insieme i momenti preziosi della nostra vita.
Maya Angelou
E purtuttavia il nostro pensiero non può fare a meno di spingersi oltre i confini della vista più effimera per incontrare in quella terra desolata piena di vuoto e di ricordi il sogno di un’esistenza migliore.
Carl William Brown
Il nostro animo è un asilo di persone e di cose, che vivono indipendenti con la loro realtà ineffabile; perciò […] ne siamo responsabili, il ricordo è un dovere.
Guido Piovene
I ricordi sono come le stelle, brillano di luce propria anche quando la notte è più buia.
Emily Dickinson
Noi siamo fatti della stessa materia di cui sono fatti i sogni e i ricordi.
Carl William Brown
Ognuno ha il proprio passato chiuso dentro di sé come le pagine di un libro imparato a memoria e di cui gli amici possono solo leggere il titolo.
Virginia Woolf
I giorni indimenticabili della vita di un uomo sono cinque o sei in tutto. Gli altri fanno volume.
Ennio Flaiano
Oggi il tempo è poco nuvoloso, fa un po’ più caldo rispetto ai giorni scorsi, in casa nella stanza in cui ho il computer e sto scrivendo ci sono 19,5 gradi, ma io ho freddo.
In cucina il termometro vicino alla finestra, ancora quello di mia nonna, a molla, segna 17 gradi. Nella camera dei miei genitori, ora non più riscaldata dopo la morte di mia madre lo scorso ottobre, ci sono circa 18 gradi, probabilmente anche meno, mentre davanti alla mia camera ce ne sono 18,5, forse 19 nel bagno.
Tuttavia il post di oggi, non è destinato a parlare approfonditamente del tempo, anche se mi dicono che alla sera è calata una fitta nebbia, o del caldo e il freddo, teoria cara al nostro vecchio maestro Aristotele, e qui potremmo dilungarci un bel po’, ma al contrario si focalizza sui ricordi, sugli aromi e gli stati d’animo, benché non risparmi varie divagazioni e riflessioni sulla temperatura e sul clima più in generale, non solo quello atmosferico.
Domani, 27 Gennaio è il giorno della memoria, e quindi non siamo fuori tema, ma anche in questo caso non ci dilungheremo su questo argomento e quindi gli dedichiamo solo un breve aforisma, eccolo: Auschwitz è stato un dramma. È stato un dramma che il mondo si fosse voltato dall’altra parte. In pratica quello che in molte occasioni succede ancora oggi.
Ritorniamo invece al tempo e ai ricordi, mentre un paio di autoambulanze squarciano il silenzio di questo 28 gennaio 2024, già, perché non scrivo quasi mai i miei testi in una sola volta, ma un poco alla volta, pòerché sono piuttosto pigro, anzi con l’avanzare dell’età e dei disturbi potremmo a ragione dire, pigrissimo, devo infatti abituarmi all’estrema e irreversibile staticità della tomba.
Da notare comunque che questa mia sorta di indolenza ben si abbina con il mio stile di scrittura aforistica, infatti l’aforisma non richiede molto tempo per essere scritto, e d’altro canto con la sua rapidità espressiva controbilancia la mia pigrizia produttiva.
Al momento la mia temperatura interiore è abbastanza gelida e il mio morale è molto basso, sono molto triste e melanconico, afflitto da una patologica nostalgia per il passato e da una paurosa ansia per il futuro. Diciamo la verità, benché sia sempre stato un tipo un po’ fuori dalla norma e sopra le righe, da quando sono morti i miei genitori, mi sembra di essere tornato il bambino pauroso della mia infanzia più insicura, in realtà non sono mai cresciuto del tutto, sono sempre rimasto un povero Peter Pan incompleto, e ora per di più anche solo e non troppo in salute.
Domani sarà il primo giorno della merla, il famoso trio di fine gennaio, 29,30 e 31, di solito considerati i giorni più freddi dell’anno, forse sarà anche per questo che mio papà, nato il 30 Gennaio del 1926, si è sempre lavato con l’acqua fredda, senza troppi problemi. Per me ovviamente non è la stessa cosa, anche se in questi giorni il trauma per la sua morte, avvenuta nell’Aprile del 2012, Aprile per Eliot il mese più crudele, e aggravato da quella di mia madre il 3 Ottobre del 2024, Ottobre un’altro mese estremamente crudele a mio avviso, mi rendono l’atmosfera sempre più gelida.
Tuttavia, dato le variazioni climatiche e il riscaldamento globale, complice un anticiclone africano chiamato Zeus, i meteorologi ci informano che saranno giorni più caldi del solido, di almeno una decina di gradi.
Pensieri, ricordi, rabbia, frustrazione, avversione per il passar del tempo, e molti sensi di colpa mi attanagliano, benché sia abituato a tutto ciò, e ai sacrifici costanti, ma di tutto ciò ne parleremo un’altra volta, aggiungo solo che tra alcuni giorni, dal 3 al 24 Febbraio ci sarà il Carnevale di Viareggio, bene, una manifestazione che ho semprem desiderato di vedere dal vivo, e che per un motivo o per l’altro non sono mai riuscito a frequentare, questo solo per dire, che sono abbastanza avvezzo ad abbracciare le avversità, causate nella mia vita, sempre da cause di forza maggiore ed inevitabile.
Da sottolineare comunque che a proposito del tempo, o meglio del clima e delle temeprature, quando ero piccolo in paese in inverno si vedevano i candelotti di ghiaccio che si formavano sotto i cornicioni delle case, cosa del tutto scomparsa nelle nostre zone al giorno d’oggi.
Mio padre da piccolo non aveva l’acqua in casa, ed essendo il figlio maggiore, doveva recarsi alla fontana in strada e portarla con dei secchi fino al terzo piano della sua piccola abitazione, dove vivevano in 7, genitori più cinque figli. Mia madre era stata più fortunata, e l’acqua arrivava in casa, nel lavandino sotto le scale, grazie ad un pozzo e ad una pompa azionata a mano. All’epoca il bagno in casa era un confort da super ricchi, per cui nella nostra realtà non se ne parlava nemmeno. La Tv non esisteva, e ci si scaldava con la stufa, a legna naturalmente.
Con tempo le cose andarono pian piano migliorando e con il boom economico anche le abitazioni e i servizi migliorarono. Così quando i miei genitori si sposarono, e dopo che nacqui io nel 1960, arrivò in casa mia a Fornaci, in provincia di Brescia, il gas nelle bombole che alimentava solo il fornello della cucina e che ci veniva fornito dalla ferramenta del paese, era il mitico Ci-orlanda che le portava ancora a spalle, salendo poi al secondo piano della casa in cui vivevo. In realtà il personaggio di cognome faceva Fusardi, e la ferramenta esiste tuttora, e forniscono sempre anche le bombole a GPL, ma lo si chiamava ancora, per rispetto della tradizione, con il nome del suo predecessore, che io però non ho mai conosciuto.
Ed ora ci avviciniamo sempre di più al vero nocciolo del testo, in quanto nel piccolo appartamento in cui vivevamo, composto all’inizio da una cucina, una sala da pranzo e una sola camera, a cui con il passare di alcuni anni si aggiunsero ancora due stanze, ci si scaldava con una stufa a cherosene. Il combustibile, in taniche da 20 litri di colore blue, ci venivano consegnate sempre dalla stessa ferramenta e poi mio padre prima e alcune volte con l’aiuto anche di mia madre venivano portate al terzo piano, ovvero nel nostro solaio. Alcune volte un po’ di taniche le ho portate su anch’io, quando ebbi la forza ovviamente per farlo.
Bene, siamo giunti finalmente al climax del nostro post e da qui partiremo per alcune speculazioni sul tempo, la memoria e ovviamente gli stati d’animo attuali dovuti anche alla situazione economico, politica, sociale e affettiva odierna.
Dunque eravamo rimasti alla stufa a cherosene, che era situata nella sala da pranzo e scaldava anche la cucina, la camera perciò era fredda, e alla sera quando andavamo a letto ci si scaldava con la borsa dell’acqua calda, mentre prima i miei nonni usavano il prete e la monaca, e solo in un secondo momento, quando si aggiunsero ancora due stanze, e quindi avevamo due camere, una sala, una sala da pranzo o tinello che dir si voglia ed una cucina, le stude a carosene diventarono due, benche quella in sala, non sempre veniva accesa, e le camere rimasero sempre fredde.
A questo punto è d’obbligo per i giovani lettori, sempre che ve ne siano, cosa che dubito parecchio, una piccola spiegazione sul prete e la monaca. In pratica funzionava così: il prete era una sorta di telaio, che era messo fra il materasso e le coperte, formato da due coppie di assicelle ricurve, unite agli estremi, poste lateralmente sopra e sotto di una “gabbia” avente una base ricoperta di latta, per evitare bruciature nelle lenzuola date da eventuali fuoriuscite di faville dal braciere che vi veniva posto, cioè la monaca. Sollevando le coperte creava una sorta di bolla di calore che riduceva l’umidità delle coltri delle fredde stanze da letto nella stagione invernale. Detto ciò, ritorniamo al nostro racconto.
Comunque la temperatura non è del tutto ottima oggi, certo non fa estremamente freddo, ma nemmeno il caldo che avevano preannuncitato. Prima di continuare con questo scritto, visto che di solito alterno varie attività, un po’ per necessità e un po’ perché rifletto e penso, magari troppo sul da farsi, abitudine che poi si era accentuata quando facevo del trading online, ho abbassato le tapparelle, ho acceso un po’ di candele, un po’ di piccole lampade, il coniglio a led e visto che non li ho ancora tolti, due alberelli di Natale, uno dei quali gira anche, così un po’ con le loro luci e un po’ con il lieve rumore di quello dinamico, mi sento un po’ più in compagnia, sempre triste in ogni caso, soprattutto quando guardo le fotografie di mia mamma, sempre sorridente, sparse per le varie stanze.
A proposito della stufa a cherosene, prodotto del resto in vendita ancora oggi, naturalmente molto più tecnologicamente avanzato, quando si avviava, non sempre partiva subito, anche perché la procedura di accensione era abbastanza particolare, si doveva infatti regolare la fuoriuscita del combustibile tramite una manopolina graduata e poi gettare un batuffolo di cotone imbevuto nell’alcool nella camera di combustione, quindi se il liquido non iniziava a bruciare subito, si diffondeva per tutta la stanza un forte odore di cherosene, e poi si doveva ripetere l’operazione, il tutto ovviamente dipendeva anche dal tiraggio della stufa stessa, che aveva un tubo che usciva dalla canna fumaria nel muro della cucina.
Così per ovviare al cattivo odore, ma di solito anche quando la stufa si accendeva bene, in inverno, quando c’erano a disposizione arance e mandarini, si ricorreva alle bucce di questi agrumi, che posizionate sul coperchio della caldaia della stufa emanavano un gradevolissimo profumo. Probabilmente anche i miei nonni avranno fatto lo stesso, e i miei genitori non facevano altro che continuare la tradizione.
All’epoca io non sapevo di certo che le bucce di mandarino contengono una varietà di sostanze nutritive e composti bioattivi. Ci sono le fibre, ottime per la digestione, la vitamina C, gli oli essenziali, i polifenoli e una varietà di fitochimici, nessuno me lo aveva detto, ma l’unica cosa importante per noi era l’odore che si sprigionava scaldandole, e questo era più che sufficiente per farcele amare.
Sono poche le persone a cui non piacciano i mandarini. Il loro sapore e il loro profumo rende unica la stagione invernale. Inoltre, il mandarino ha una gran quantità di sostanze nutritive ottime per il nostro organismo, in quanto, riescono a rafforzare il sistema immunitario. In genere, quando lo consumiamo, siamo soliti buttare via la sua buccia. In realtà, questo ‘scarto’ ha potenzialità che è bene sfruttare piuttosto che buttare via. È proprio nella buccia, infatti, che si celano le proprietà maggiori del mandarino.
Ci sono vitamine, oli essenziali, minerali e altre sostanze molto utili al nostro fabbisogno quotidiano. In medicina, le bucce di mandarino, vengono impiegate anche per creare farmaci o cosmetici. Si possono usare però anche in cucina, per il giardino e più in generale nella vita di tutti i giorni. Tuttavia in casa mia il loro unico utilizzo era metterle sulla stufa e gustarsi il prodigioso e particolarissimo aroma agro dolce che emanavano.
Oggi purtroppo l’atmosfera in casa mia non è più la stessa, mio padre, il cui compleanno sarebbe domani, 30 Gennaio, è morto 12 anni fa, e il trauma è stato grande, tuttavia c’era ancora mia mamma, e anche se ammalata da un punto di vista affettivo era per me una grandissima risorsa, ma poi a 90 anni, ovvero lo scorso ottobre se ne andata anche lei, e io, essendo figlio unico, sono rimasto da solo.
Certo in casa tutto mi ricorda mia madre, soprattutto le sue fotografie da dove mi guarda sorridente, ed è lo stesso anche per mio padre, anche se le sue fotografie sono meno espressive, ma il silenzio che mi circonda è lì a ricordarmi che i bei tempi sono finiti, e si sono dissolti senza quasi che mi accorgessi che avrebbero rappresentato i momenti più belli della mia vita, ma ahimé solo quando si sarebbero trasformati nel ricordo del mio passato più spensierato.
Ora non mi resta che sopportare il mio dolore, la mia angoscia, la mia nostalgia, la mia melanconia e pensare, aspettare, che anch’io mi dissolva, e ritorni probabilmente polvere, diciamo pure cenere.
Nel frattempo, sperando di riuscire a concludere aluni miei lavori, in questi mesi invernali, ricchi di mandarini, arance e clementine, prendo una padella antiaderente e gli poso sopra delle bucce, preferibilmente di mandarini, alcune volte anche di clementine, quasi mai di arance, accendo il gas a bassa intensità, e aspetto che la fiamma faccia il suo lavoro grazie al quale potrò nuovamente gustare, cercando di ingannare il tempo, come facevo da piccolo, il magnifico profumo degli oli essenziali delle bucce di mandarino, l’unica cosa che non è cambiata rispetto al mio passato in famiglia.
Certamente è comunque un’atmosfera triste e artificiale; così perso nei miei pensieri talvolta le faccio anche bruciacchiare un po’ e poi magari ne mangio una o due, anche perché aiutano pure la digestione.
Nel frattempo poi mi soviene il grande Proust, famoso per il suo capolavoro “Alla ricerca del tempo perduto” (“À la recherche du temps perdu”), il quale aveva una concezione molto particolare del tempo. In breve, Proust sosteneva che il tempo non fosse lineare e irreversibile, ma che potesse essere recuperato attraverso la memoria. Nella sua opera, il narratore riflette sulle sue esperienze passate e sui ricordi associati ad esse, suggerendo che il tempo non è semplicemente una successione di momenti, ma piuttosto un’entità elastica che può essere reinterpretata e rivissuta attraverso la memoria.
Il concetto chiave è la “recherche du temps perdu” o “la ricerca del tempo perduto”, indicando il desiderio di recuperare il tempo trascorso attraverso la memoria. Proust credeva che i ricordi, spesso scatenati da stimoli sensoriali come odori o gusti, potessero trasportare il soggetto indietro nel tempo, offrendo una sorta di immortalità ai momenti passati.
Purtroppo però a mio avviso il tempo è legato allo spazio, ai luoghi, alle persone, tutte cose uniche e ahimé irripetibili, che si consumano, si dissolvono, si degradano, e benché siano delle uniche, vere e proprie opere d’arte, per vari motivi su cui rifletterò in un altro scritto, si consumano, si degradano, fino a dissolversi per sempre. Il tempo in questo caso non è altro che un’entità fisica, un sistema, che procede più o meno lentamente verso una situazione cerescente di disordine, e genera in questo procedere un’entropia crescente, fino a diossolversi e a creare sempre più caos attorno a sè, e purtroppo anche nella mia mente.
Rimangono solo le bucce di mandarino e i ricordi, certo, ma non per molto, le persone invece, uniche ed irripetibili se ne vanno, scompaiono, si dissolvono nel vento, non esistono più, inghiottite dal nulla cosmico, e questo purtroppo è il nostro tragico destino. Anche se non mi piace, dovrò farmene una ragione, e a questo punto l’unica modifica che posso fare è quella di cambiare il mio testamento è lasciare scritto che quando morirò, di mettere nella cassa una buona quantità di bucce di mandarino, così quando mi bruceranno, perché di sicuro lo faranno, almeno ci sarà forse un odore un po’ più lieve e gradevole.
P.S. Con le bucce di mandarino potete farci anche altre molte cose, ad esempio i canditi, oppure degli infusi, tisane e bevande varie, inoltre potete aromatizzare l’olio o il sale, oppure creare dei liquori e arricchire i vostri dolci o fare delle marmellate. Un altro modo per riciclare le scorze di mandarino consiste nell’essiccarle. Potete farlo facilmente a casa, posizionando le scorze in una teglia e lasciandole per circa due ore nel forno a bassa temperatura, non oltre i 50° C. Una volta prive di umidità, quindi secche, potrete trasferirle nel mixer e ridurle in polvere. Anche in questo caso gli utilizzi sono vari e creativi: ne basta una spolveratina per regalare un tocco agrumato a diverse preparazioni, come le zuppe, i risotti o i dessert al cucchiaio. Tuttavia nella mia casa di Fornaci, all’epoca noi le mettevamo solo sul coperchio della camera di combustione della stufa a cherosene.
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