Attraverso la tecnica dell’immaginazione, il guerriero si accosta alla morte. Tsunetomo, da buon psicologo, gli impartisce le istruzioni adatte per permettergli di superare le uniche circostanze temibili, che potrebbero minare l’autostima.
The true science of martial arts means practicing them in such a way that they will be useful at any time, and to teach them in such a way that they will be useful in all things.
Miyamoto Musashi
The real martial artist, as the old Samurai and the true Philospher taught, should not be afraid of death. He must follow duty and loyalty, heroic courage, justice and morality.
Carl William Brown
Fare arti marziali quindi non può essere diverso dallo studiare filosofia, le due cose sono congiunte, e servono alla continua e perenne meditazione.
Carl William Brown
Un samurai deve sempre coltivare queste tre qualità interiori: la saggezza (chi), la solidarietà (gin) e il coraggio (yù). La saggezza consiste semplicemente nel saper conversare; dalla pratica del dialogo deriva una saggezza inestimabile. La solidarietà consiste nell’agire per gli altri; ci si paragona agli altri, e se ne vuole il bene. Il coraggio consiste nel mostrare i denti; ci si fa avanti senza pensare alle conseguenze, eliminando ogni perplessità.
Yamamoto Tsunetomo
Nesun destino è deplorevole. Qualsiasi cosa un samurai divenga, egli non cessa di immaginarsi una persona speciale.
Yamamoto Tsunetomo
Le malattie si aggravano a causa del proprio stato d’animo.
Yamamoto Tsunetomo
Nel coltivare se stessi, non esiste la parola “fine”. Chi si ritiene completo, in realtà, ha voltato le spalle alla Via.
Yamamoto Tsunetomo
Chi si abbatte nei periodi di sconforto non può arrecare alcun beneficio agli altri.
Yamamoto Tsunetomo
La Via del samurai consiste in questo: incedere come folli accanto alla morte. Una persona che si comporti così non potrà essere uccisa neppure da dieci avversari.
Yamamoto Tsunetomo
Le grandi imprese non si compiono da sobri.
Yamamoto Tsunetomo
Incedere come folli accanto alla morte significa “diventare pazzi”. Se nella Via del samurai si coltiva la capacità di giudizio, si verrà presto sconfitti.
Yamamoto Tsunetomo
Fare arti marziali non dovrebbe significare solo tirare calci e pugni all’aria per cercare di vincere le proprie paure, anche se questo potrebbe già essere un buon punto di partenza; l’intero allenamento non è che la meticolosa preparazione del guerriero al combattimento, in pratica c’è sempre un conflitto di mezzo, e il vero samurai, abile nella penna così come nella spada, deve prima o poi misurarsi con il suoi nemici, anche i più temibili, compreso la suprema e invincibile maestra di tutte le battaglie, la morte, che inevitabilmente alla fine si fonderà con lui! Fare arti marziali quindi non può essere diverso dallo studiare filosofia, le due cose sono congiunte, e servono alla continua e perenne meditazione. In tutti gli altri casi siamo in presenza di una mera attività fisica, di un semplice passatempo, così come potrebbe essere quello di dedicarsi al ballo, alla corsa, o ad altri sport, compreso quelli agonistici, certamente utili per la mente, per il corpo, e talvolta anche per il portafoglio, ma assolutamente diversi dall’antica pratica delle discipline marziali.
Carl William Brown
L’arte marziale costituisce in primo luogo un metodo di apprendimento, che offre soprattutto una chiave di lettura moderna per l’Occidente e per la propria personalità. Quest’arte nasce da una riflessione sul passato, da una scoperta, da una meditazione sull’efficacia e da una costante cura didattica. La riflessione sul passato si basa sulla constatazione che oggi l’insegnamento delle arti marziali è settoriale, mentre anticamente doveva esistere una base comune tra tutte le discipline, che in seguito si è persa. Infatti, i guerrieri dovevano essere in grado di praticare tutte le arti marziali già dalla prima adolescenza.
Come vengono insegnate attualmente, questa progressione sarebbe impossibile, perché, dedicando una decina d’anni a ciascuna arte, non basterebbe una intera vita per raggiungere questo obiettivo. La scoperta è che tutte le tecniche (proiezioni, colpi, armi, chiavi articolari), anche se visivamente diverse, sono essenzialmente simili e non sono altro che l’applicazione di una catena cinetica, di un movimento ondulatorio denominato dal Maestro Hiroo Mochizuki, “onda schok”. Questa è la base comune che ha permesso di creare un metodo che include tutte le forme tecniche con o senza armi, condensata nel Kata Yoseikan Happo, che costituisce la chiave che dona l’accesso alla totalità delle discipline delle arti marziali; è il ritorno alle sorgenti delle arti marziali nella modernità.
Non solo le discipline marziali, ma anche molti sport utilizzano il movimento ondulatorio per trasmettere la potenza muscolare. La meditazione sull’efficacia parte dalla constatazione che le arti marziaIi erano discipline finalizzate al combattimento in una determinata realtà storica. Allora, che senso bisogna dare oggi alle arti marziali? E’ necessario evitare una rappresentazione stereotipata di una “tradizione” che può non essere più attuale. In verità la “tradizione” dei samurai è sempre stata il cambiamento e l’adattamento alle nuove realtà.
Ad esempio, i samurai dell’epoca Edo, in cui vennero vietate le armature, hanno dovuto modificare le tecniche precedenti alla ricerca di una diversa efficacia. Lo stesso spirito occorre oggi per riuscire a dare un senso attuale delle arti marziali. La cura didattica, basata su esperienze di formazione di competitori d’alto livello, impone di evitare gli allenamenti intensivi che possono favorire traumi o le lesioni articolari tendinee a lungo termine. Sono state istituite forme d’allenamento simmetrico, al fine di favorire uno sviluppo muscolare armonico e ridurre al massimo gli squilibri. Occorre lavorare in forma simmetrica, sia a destra, sia a sinistra, per una durata simile su ogni lato, sia nel corso di formazione regolare, sia per la preparazione agonistica.
A cosa serve studiare e praticare le arti marziali oggi?
Questa è una domanda posta di frequente, anche tra gli stessi praticanti. E una domanda che può assumere molte forme, come ad esempio: a cosa serve continuare a lavorare con la spada, quando oggi ci sono le armi da fuoco? La risposta può essere ricercata nell’esempio dato dai samurai e dai Maestri di arti marziali quando sono passati dal Jiutsu (tecnica) al Do (via). I samurai erano una casta di combattenti, ma anche di intellettuali con responsabilità nell’amministrazione del Paese e nella formazione dei giovani. Con la moderizzazione del Giappone, il ruolo di guerriero e in particolare l’uso della spada (his very soul, the Katana and Wakizashi, long and short sword set known as a DAISHO; another weapon of the Samurai was the Tanto, a famous knife, which was used to protect his honor to the extent of a ritual suicide, Harakiri) erano destinati a passare in secondo piano. Tuttavia la spada era divenuta nei secoli un formidabile strumento di concentrazione, di conoscenza di sé. Si era quindi trasformata in uno strumento pedagogico: da quel momento l’aspetto puramente tecnico è passato in secondo piano, ed è emerso l’aspetto spirituale.
Il termine Do deriva dalla lingua flosofica cinese ed è la trascrizione di Tao (da cui anche Taoismo), la “Via”, intesa come cammino della vita, che può essere percorso in van modi. Così il Budo, la Via del guerriero, è oggi uno strumento che contribuisce alla comprensione di sé e degli altri ed educa alla pazienza. Insegna ad accettare le difficoltà, prendere il tempo necessario per superarle, senza aspettare i cambiamenti. Nello stesso tempo comunica il rispetto dell’avversario. La pazienza e il rispetto permettono di sviluppare lo spirito dell’aiuto reciproco, indispensabile nella vita sociale e nel progresso mentale: questo è il motivo d’essere, nello Yoseikan Budo, del Randori. Se in genere, nel combattimento, l’attacco è portato con spirito di supremazia allo scopo di vincere I’avversario, nel Randori l’attacco diventa un quesito tecnico posto all’avversario, che risponde ponendo a sua volta una domanda attraverso il suo contrattacco. Così ognuno porta nel combattimento la sua esperienza e si arricchisce di quella dell’altro. Il fisico e la mente sono indissociabili, l’uno aiuta l’altra a progredire e bisogna cercare il migliore equilibrio reciproco. Questo è il senso della pratica e dell’insegnamento dello Yoseikan Budo.
Hiroo Mochizuki