Italia in crisi sotto diversi aspetti. I numeri del disastro economico italiano. L’Italia in breve di Carl William Brown e-book gratuito.
Che l’italia sia un grande paese di merda lo si evince da tante piccole cose. Per sempio danno il bonus vacanze, ma ritardano la consegna dei pannoloni agli anziani invalidi. Vai in banca (Ubi) per ritirare, è lunedì mattina, sono le 11.00, non funziona un cazzo, la guardia mi dice che stanno caricando il bancomat, ma può recarsi a quello interno, però deve compilare un modulo, sa, per la privacy! Sempre in questo paese schifoso, in provincia di Brescia per la precisione, una bambina nel passeggino viene travolta e uccisa da un automobilista un po’ distratto, che naturalmente non si è fermato, sapete, sempre per ragioni di privacy. Comunque almeno la sanità funziona bene, i morti per coronavirus sono un numero di tutto rispetto e non dobbiamo certamente invidiare niente alle altre nazioni, inoltre il medico geriatra che ho chiamato per far dare un’occhiata a mia madre è venuto subito, pensate che ho pagato solo 150 euro, in nero, anche in questa occasione, sempre per ragioni di privacy. E si potrebbe continuare, all’infinito, e non certamente quello di Leopardi.
Carl William Brown
Dal mondo immondo dei ricordi… tanto per non dimenticare, tanto più che oggi ai tempi del Coronavirus, anno della sfiga 2020, le cose non sono di certo migliorate, anzi! Da notare appunto che questi dati si riferiscono al 2014, quando è stato pubblicato il libro da cui sono tratti, tuttavia negli ultimi anni le cose non hanno fatto altro che peggiorare, per cui dovete solo aggiornarli in chiave negativa, ed avrete più o meno la reale situazione attuale.
Per la crisi idrica il governo ha assicurato che interverrà subito, sarà proclamato lo stato di emergenza su tutto il territorio nazionale e verrà nominato un commissario straordinario. Per i cittadini che avranno estremamente sete i rappresentanti delle autorità assicurano poi che metterano a disposizione il loro piscio e pure quello dei loro famigliari. In alternativa ci si potrà arruolare per andare in guerra nelle zone dove l’acqua non scarseggia. In fin dei conti a questo serve la politica, a risolvere i problemi con celerità, competenza, efficienza ed efficacia e a diffondere sempre di più il benessere nella popolazione.
Carl William Brown
Italy has the second highest public sector debt in Europe, after Greece. The IMF predict public sector debt of 123.4 % of GDP in 2012 and it is forecast to grow even bigger. Italy’s national debt reaches record 1.812 trillion euros, but the global national wealth is of about 8.6 trillion, equal to four times the national debt. But unfortunately nearly half of all these properties are in a few hands, to be more precise they are in the availability of 10% of the Italian families.
Carl William Brown
Alcuni politici più parlano e più sparano cazzate; l’unico modo per farli rinsavire sarebbe quello di sterminarli; persone dotate di una tale stupidità che al confronto persino i peggiori criminali della storia risultano spesso dei raffinati, onesti e filantropici benefattori dell’umanità.
Carl William Brown
Quando un paese che produce beni di cui c’è forte domanda, e che quindi ha un forte surplus estero, si rifiuta di adottare una valuta che rifletta il valore della propria economia – cioè, in buona sostanza, un valore adeguato alla produttività dei propri lavoratori – significa che dentro a quel paese Abele sta combattendo con Caino: quando l’arma era la clava, vinceva il proletario Caino. Oggi l’arma è la deflazione, e vince il capitalista Abele. Almeno, fino a quando Caino non si ricorderà dove ha riposto la clava. Vogliamo aspettare quel momento?
Alberto Bagnai
Il 2014 si conferma l’annus horribilis delle imprese, almeno quelle che non svolgono attività finanziaria. Informa l’Istat che la «quota di profitti», un indicatore utilizzato da Eurostat che misura un rapporto assimilabile al margine operativo, è risultato pari allo 0,46% nel 2014, ai minimi dal 1995, l’ anno in cui sono iniziate le serie storiche. La riduzione sul 2013 è di 0,8 punti percentuali. Per la prima volta dal 2007, cioè dall’inizio della lunga crisi, ha smesso invece di scendere il potere d’acquisto degli italiani. Tenuto conto dell’andamento dell’inflazione, la capacità di spesa delle famiglie consumatrici è scesa dello 0,5% nel quarto trimestre del 2014 rispetto al trimestre precedente ma è aumentata dello 0,8% rispetto al quarto trimestre del 2013. L’anno scorso, il reddito disponibile delle famiglie è aumentato dello 0,2%.
Nel 2014 i prezzi delle abitazioni sono diminuiti del 4,2% rispetto al 2013 (quando la variazione media annua era stata del -5,7%). Lo rileva l’Istat sottolineando che il calo è dovuto a una riduzione del 5,0% dei prezzi delle abitazioni esistenti (dopo il -7,2% del 2013) e del 2,2% dei prezzi di quelle nuove (era -2,4% nel 2013).
Rispetto al 2010, i prezzi delle case si sono ridotti dell’11,5%. L’istituto di statistica osserva che nell’ultimo anno la flessione si è ridimensionata e ci sono stati segnali di ripresa dei volumi compravenduti (in crescita del 3,6% secondo i dati dell’Agenzia delle Entrate). In particolare nell’ultimo trimestre del 2014, sulla base delle stime preliminari, i prezzi delle abitazioni acquistate dalle famiglie, sia per fini abitativi sia per investimento, sono scesi dello 0,8% rispetto al trimestre precedente e del 2,9% nei confronti dello stesso periodo del 2013.
Sale poi la pressione fiscale già record in Italia. Nel quarto trimestre dell’anno scorso è risultata pari al 50,3%, in aumento di 0,1 punti percentuali sull’ultimo scorcio del 2013 (50,2%). Nell’intero 2014 è risultata pari al 43,5%, in aumento anche in questo caso di 0,1 punti percentuali rispetto all’anno precedente (quando si era attestata al 43,4%). La buona notizia è la minor spesa dello Stato per gli interessi passivi che grazie al calo dei tassi e dello è risultata in calo del 4,6%, passando da circa 20,7 miliardi di euro a circa 19,7 miliardi di euro, sempre nel quarto trimestre del 2014.
Nell’intero 2014 il rapporto tra deficit e Pil è stato pari al 3,0%, in aumento di 0,1 punti percentuali rispetto a quello del 2013, quando il parametro sul disavanzo statale tenuto sotto stretto controllo dalla Ue si è attestato al 2,9%. Quanto a entrate e uscite nel quarto trimestre dell’anno scorso sono aumentate entrambe. Le uscite totali sono salite del 2,6%; la loro incidenza rispetto al Pil è stata del 57,6% (56,1% nel corrispondente trimestre dell’anno precedente). Le uscite correnti sono aumentate del 2,3% e quelle in conto capitale del 6,6%. Le entrate totali, nel quarto trimestre, sono aumentate, in termini tendenziali, dello 0,8% con un’incidenza sul Pil del 55,3%, superiore di 0,5 punti percentuali rispetto al corrispondente trimestre del 2013.
Negli anni della crisi, tra il 2007 e il 2013, dall’Italia sono emigrate all’estero circa 620mila persone. Quasi il doppio rispetto ai sette anni precedenti. Solo nel 2013 hanno lasciato il Paese oltre 125mila adulti, suppergiù gli abitanti della Val d’Aosta o della città di Pescara. Nella stragrande maggioranza, oltre 80mila, erano italiani, gli altri erano immigrati che hanno abbandonato il nostro Paese in preda alla crisi. Il nuovo boom di espatri è trainato proprio dagli emigrati con i capelli grigi.
Nel periodo 2007-13 l’incremento degli espatriati italiani con un’età tra i 40 e i 49 anni è stato pari al 79,2%. Nella fascia tra i 50 e i 64 anni la crescita ha toccato il 51,2%. I giovani che hanno deciso di emigrare, in percentuale, sono aumentati di meno: +44,4% quanti avevano tra i 15 e i 29 anni, +43% la fascia 30-39 anni. E’ quanto emerge da una ricerca del Centro studi Cna dedicata alle ‘Nuove emigrazioni’.
Certo, in termini assoluti continuano a essere i giovani, ovviamente, a emigrare in maniera più massiccia: nel 2013 il 36,3% del totale aveva tra i 30 e i 39 anni, il 27,8% tra i 15 e i 29 anni. Nel frattempo, è salita però al 21,9% la fascia 40-49 anni e al 14% quella tra i 50-64 anni. Ma chi è che emigra dopo il giro di boa dei quarant’anni? In mancanza di dati scientifici si può ipotizzare che siano fasce sociali colpite dalla crisi. Persone che la mancanza di occupazioni qualificate non permette di valorizzare. Probabilmente, anche imprenditori, che puntano a ‘vendere’ la propria esperienza all’estero, in mercati emergenti e non riflessivi come quello italiano.
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