Modelle arte e artisti, un articolo dettagliato ricco di citazioni che ripercorre la storia delle modelle nell’arte e le loro relazioni con gli artisti più famosi delle varie epoche.
Le modelle, anche conosciute come muse, hanno giocato un ruolo significativo nell’arte per secoli. Sono spesso state fonte d’ispirazione per gli artisti, sia come soggetti di ritratti, dipinti o sculture, sia come modelli per rappresentazioni di figure umane.
Nella storia dell’arte, molte opere celebri sono state create grazie alla presenza di modelle. Ad esempio, molte delle opere di Auguste Rodin, famoso scultore francese del XIX e XX secolo, sono state realizzate utilizzando donne come modelle. Il suo capolavoro “Il pensatore” è stato ispirato dallo scultore stesso osservando il suo assistente di lungo tempo, il modello e scultore belga, Auguste Ney.
Allo stesso modo, numerosi artisti rinascimentali hanno dipinto ritratti di donne che spesso erano modelle o muse. Ad esempio, Leonardo da Vinci utilizzò la modella Cecilia Gallerani per il suo celebre dipinto “La dama con l’ermellino”. Queste modelle hanno contribuito a creare opere d’arte che sono diventate icone culturali nel corso dei secoli.
Oltre ad essere soggetti di ispirazione, le modelle svolgono anche un ruolo importante nella rappresentazione della moda e dell’estetica. Nell’industria della moda, le modelle sono spesso utilizzate per mostrare abiti, gioielli e altri prodotti, e il loro aspetto fisico e la loro capacità di indossare gli abiti in modo elegante e convincente sono fondamentali per creare immagini accattivanti.
Tuttavia, è importante notare che nel corso della storia, il ruolo delle modelle è stato oggetto di dibattito e critica. Le donne spesso sono state oggettificate e ridotte al loro aspetto fisico, trasformate in oggetti per lo sguardo maschile. Questa critica ha portato a una maggiore consapevolezza dell’importanza di rappresentare la diversità e l’autenticità nelle rappresentazioni artistiche.
Negli ultimi anni, l’industria dell’arte e della moda ha iniziato a spostarsi verso una maggiore inclusione e rappresentazione di diverse etnie, corpi e identità di genere. Le modelle non si limitano più a un’unica definizione di bellezza, ma vengono apprezzate per la loro individualità e autenticità.
In sintesi, le modelle hanno svolto un ruolo significativo nell’arte come fonte d’ispirazione e come rappresentazioni di bellezza e stile. Tuttavia, è importante promuovere una rappresentazione inclusiva e autentica, in modo da valorizzare la diversità e rompere con gli stereotipi tradizionali.
Carl William Brown
La prima modella che la storia ricordi è Mnesarete, chiamata Frine (Phriné) cioè ranocchia, per il colore olivastro della pelle. Era amante dello scultore Prassitele, che la immortalò nella famosa Afrodite Cnidia, scultura che causò più di un turbamento.
In realtà, seguendo il metodo usato da Zeusi di comporre la figura mettendo insieme le parti migliori di più modelle, pare che anche Prassitele abbia usato Frine solo come punto di partenza, integrandolo con altre modelle e con un canone di proporzioni che tendeva alla perfetta simmetria.
Anche Apelle immortalò Frine nelle forme di Afrodite. La sua bellezza era tale da far moltiplicare gli aneddoti sulla sua vita, e le furono attribuiti mille amanti. Famosa fu anche Campase, concubina di Alessandro il Grande. Secondo i racconti dell’epoca, Apelle si innamorò di lei mentre la ritraeva; come segno di apprezzamento per la sua arte, Alessandro gliela concesse.
All’arte greca e romana seguì un lungo Medioevo refrattario alla realtà, che non sapeva cosa farsene delle modelle, e ancora nel primo Quattrocento era raro l’utilizzo di modelli, poi a questo scopo si cominciarono a usare gli allievi. In molte botteghe era in uso l’obbligo sia per gli apprendisti sia per gli assistenti di posare nudi o quasi.
Secondo un aneddoto Jacopo Sansovino, per la realizzazione di una statua di Bacco, fece posare il garzone Pippo del Fabro per una giornata intera, cosa che lo traumatizzò e gli fece perdere il senno. Nel Cinquecento, grazie alla crescente richiesta per i nudi sia maschili sia femminili, l’attività di modello divenne più simile a una professione, ma gli artisti continuarono a trarre ispirazione da più fonti, soprattutto dalla prostituzione.
L’idea che tra artista e modella si debba instaurare un legame è diventato ben presto un luogo comune, che si situa in un punto imprecisato tra il folklore e la realtà; è vero però che gli esempi in tal senso sono tanti e illustri.
Il Perugino ritraeva sempre la propria bellissima moglie; Botticelli invece, che non si sposò mai ed espresse sempre grande avversione per il matrimonio, usò spesso il volto della bella Simonetta Vespucci, della quale pare fosse innamorato: la ritrasse per esempio nella “Nascita di Venere”, anche se era già morta da anni.
Botticelli chiese di essere sepolto ai piedi di Simonetta, desiderio che nel 1510 fu esaudito; per fortuna aspettarono che morisse. Raffaello invece potrebbe aver pagato con la vita l’amore per una modella, secondo alcuni storici infatti, la giovane Fornarina, la figlia di un fornaio che Raffaello immortalò in un dipinto, fu la causa della sua morte: la bella e insaziabile ragazza lo ridusse al lumicino, e i medici diedero il colpo di grazia sottoponendolo a mortali salassi.
La giovane monaca Lucrezia Buti posò per una Madonna con bambino dipinta da Filippo Lippi, che era cappellano nel suo stesso convento, tra i due scattò la passione, e fuggirono insieme dando scandalo. Andrea del Sarto sposò Lucrezia, che fece da modella per le sue Madonne; Cellini ebbe come amanti alcune delle proprie modelle, e da una di queste ebbe anche una figlia, un’altra invece lo denunciò per sodomia, accusa per la quale subì un processo in Francia.
Francesco Hayez addirittura ritrasse se stesso impegnato in atti sessuali con la modella-amante Carolina Zucchi; Cristofano Allori usò come modelli per il suo “Giuditta con la testa di Oloferne” se stesso e la sua modella e amante Mazzafirra, a simboleggiare quanto lei lo facesse soffrire.
Dopo la morte della prima moglie, Rubens sposò la sedicenne Hélène Fourment – lui aveva 53 anni -, Hélène fu la musa ispiratrice per molte delle figure che dipinse in quegli anni. Per Fragonard invece fu la figlia Rosalie a diventare una delle modelle preferite. Johann Füssli usava la moglie come modella, anche per le opere considerate più oscene; Sir Thomas Lawrence dipinse più volte Caroline di Brunswick, che fu sua amante.
E ancora, Adolfo De Carolis sposò la modella Aquilina Ciucci, dalla quale ebbe poi cinque figli; Francis Wheatley sposò una delle sue modelle, Clara Maria Leigh, che divenne anche artista. Renoir ebbe un figlio dalla modella Aline Charigot, di venti anni più giovane, e dieci anni dopo la sposò; Cézanne ebbe un figlio dalla modella Hortense Fiquet, che in seguito sposò anche se ormai non provava più nulla per lei.
Georges Seurat visse segretamente con una delle sue modelle, la giovane Madeleine Knobloch, che ritrasse nel dipinto “Jeune femme se poudrant”, in seguito ebbe un figlio da lei; Balthus sposò Antoinette de Watteville, rampolla di una influente famiglia aristocratica che era già stata sua modella per dei ritratti e per il dipinto “La Toilette.”
La modella Simone Hauert fu amante del pittore René Victor Auberjonois; la prima moglie di Alma-Tadema, Marie-Pauline Gressin, compare in molti suoi dipinti, anche la sua seconda moglie Laura Theresa Epps fu ritratta più volte, era anche sua allieva, e divenne un’apprezzata pittrice.
Matisse negli ultimi anni fu accudito dalla russa Lydia Delektorskaya, che era stata sua modella; Picasso ebbe rapporti tormentati e al limite del sadismo con le sue numerose modelle-amanti-mogli, come Fernande Olivier, che in precedenza era stata anche modella di Giovanni Boldini.
Thomas Eakins sposò una delle proprie allieve, Susan Hannah MacDowell, entrambi appassionati di fotografia furono modelli e fotografi allo stesso tempo, e usarono le fotografie per la loro pittura. Eakins pensava che la donna dovesse avere le stesse possibilità professionali dell’uomo, mentre alcune cose le erano ancora impedite, come l’uso di modelli maschili del tutto nudi. Quando fece togliere le mutande a un modello durante una lezione frequentata da donne, fu costretto a rassegnare le dimissioni dall’accademia in cui insegnava.
Nel 1908 Ferdinand Hodler conobbe Valentine Godé-Darel, che divenne sua partner, quando anni dopo le fu diagnosticato un cancro, Hodler passò molto tempo al suo fianco, ritraendo tutte le fasi della malattia in una serie di dipinti che documentano il suo disfacimento. Questo però non vuol dire che fosse cinico o insensibile, difatti la morte di Valentine lo colpì profondamente, portandolo alla depressione. Anche Monet e Schiele ritrassero le compagne in punto di morte, come prima ancora aveva fatto anche Rembrandt, realizzando alcuni toccanti disegni degli ultimi momenti di vita della moglie Saskia.
Nel 1864 Rodin conobbe Rose Beuret, una ricamatrice quasi analfabeta, la portò nel suo atelier e la tenne con sé per tutta la vita, come modella, amante e donna di casa, avendo da lei un figlio. La sposò solo nel gennaio del 1917, due settimane prima che lei morisse, e lui stesso morì nel novembre di quell’anno.
Rodin diceva che solo l’amore avesse valore, ma forse si riferiva al sesso: era soprannominato dalle sue allieve “satiro bruto”; ci provava con tutte e spesso ci riusciva. Gli ultimi vent’anni di Rodin furono un susseguirsi di imprese erotiche. Il suo studio era sempre pieno di giovani modelle, mentre Rose gli consentiva qualsiasi libertà. Negli ultimi anni produsse migliaia di disegni di nudi, un’impressionante parata di vulve.
Monet sposò la modella Camille Doncieux, e sperperò subito la sua dote; ridotto in miseria, la abbandonò nel 1867, incinta, per poi tentare di annegarsi senza successo e tornare da lei. Quando Camille fu in punto di morte, Monet portò in casa l’amante Alice, che alla scomparsa di Camille chiese di distruggere tutto ciò che la ricordasse; Monet la accontentò.
Alcuni artisti hanno descritto come il rapporto con le modelle fosse fonte di eccitazione, come Delacroix, che scrisse: “Quando aspettavo una modella, ogni volta, anche quando ero più indaffarato, diventavo sempre più turbato man mano che si avvicinava l’ora, e fremevo udendo metter mano alla chiave. Mi metto al lavoro come altri corrono dalle loro amanti.”
La tensione sessuale nel rapporto lavorativo tra artista e modella sembra essere una costante, alcuni venivano presi da veri attacchi di libidine. Capitava per esempio a Giovanni Boldini, che spesso provava a concupire le donne altolocate che ritraeva, anche se posavano vestite di tutto punto. Il mercante d’arte Daniel Wildenstein ha un ricordo illuminante su Boldini: “Si era fatto espellere dagli Stati Uniti perché appena arrivato aveva tentato di violentare delle signore dell’alta società che posavano per lui come modelle.”
La fama di Boldini era ben nota, qualsiasi donna posasse per lui sapeva di doverne subire gli assalti. La figlia del duca Agenor, Elisabeth de Gramont, constatò di persona il suo modo di operare: “Boldini si offrì di farmi il ritratto per ringraziarmi di aver fatto cambiare posto a un suo dipinto in una esposizione. Posai due o tre volte nel suo studio, ma comprendendo che in un modo o nell’altro bisognava pagare, interruppi le pose.” Pare però che buona parte delle aristocratiche e delle celebri artiste di teatro non disdegnasse le sue libidinose attenzioni.
A cavallo tra Ottocento e Novecento, lo scultore Arrigo Minerbi aveva l’abitudine di farsi sollazzare oralmente dalla modella durante le pause di lavoro. Era un’abitudine di lunga data che, arrivato a un’età più matura, gli faceva temere di subire un infarto sul più bello, cosa che lo avrebbe messo in una situazione disdicevole.
Per evitare che questo accadesse, si faceva praticare la fellatio ai piedi di una statua in lavorazione, dando istruzioni alla modella: in caso di morte improvvisa avrebbe dovuto mettergli il martello nella mano destra e lo scalpello nella sinistra, in questo modo avrebbe fatto credere di essere morto mentre scolpiva.
Il luogo comune secondo cui le sedute con le modelle finissero a letto era diffuso – e in parte lo è ancora oggi – e per questo molti artisti erano gelosi, volevano che posassero solo per loro: sapevano che lasciarle posare per altri voleva dire essere traditi. La gelosia per una modella è al centro di un aneddoto sul celebre dipinto di Courbet “L’origine del mondo.”
Courbet ebbe modo di conoscere a Trouville il pittore James Whistler e la sua partner, Joanna Hefferman, una modella irlandese nota come Jo la Rossa per il colore della chioma. Nel 1866 Whistler partì per il Sud America, lasciando in Normandia Jo e Courbet; al ritorno trovò il famosissimo dipinto, e riconobbe nei peli rossicci del pube dipinto quelli della propria amata. Capì subito che lei si era prestata a fare da modella, si infuriò, e ruppe sia l’amicizia con Courbet sia la storia con Jo.
L’influente critico John Ruskin ebbe modo di scoprire quanto fosse pericoloso lasciare che la propria compagna facesse da modella: quando uno dei suoi protetti preraffaelliti, John Everett Millais, ritrasse sua moglie Effie per il dipinto “The Order of Release”, tra i due scoccò una scintilla. Effie chiese quindi l’annullamento del matrimonio – anche perché Ruskin aveva un bel po’ di problemi mentali e sessuali, e nonostante i due fossero sposati da anni Effie era ancora vergine.
Ottenuto l’annullamento, Effie e Millais si sposarono, ed ebbero ben otto figli. La numerosa famiglia fece aumentare il bisogno di soldi del pittore, che adeguò la propria pittura alle nuove esigenze, e per questo fu criticato da molti, come William Morris, che lo accusò di essersi svenduto per ottenere ricchezza e popolarità.
Alcune modelle hanno lavorato per molti artisti famosi, diventando a loro volta artiste. È il caso di Suzanne Valadon, che fu modella prima per Puvis de Chavannes, poi per Renoir, Toulouse-Lautrec, Degas, De Nittis, Zandomeneghi, Steinlen e altri.
A diciassette anni ebbe un figlio, ma non disse mai di chi fosse, anche perché in quel periodo si divideva tra de Chavannes, Toulouse-Lautrec, Renoir e lo scrittore Miguel Utrillo. Miguel, benché convinto di non essere il padre, si offrì di dare il nome al bambino, che si chiamò Maurice Utrillo e diventò un celebre pittore.
Su questo episodio c’è un aneddoto secondo il quale Renoir avrebbe negato la paternità dicendo: “Non può essere mio, il colore è terribile!” Degas invece l’avrebbe negata dicendo: “Non può essere mio, la forma è terribile!” A quel punto Miguel Utrillo avrebbe accettato di dare la paternità al piccolo dicendo: “Sarei contento di dare il mio nome all’opera di Renoir o di Degas!” Si tratta di un’invenzione, anche perché quando in un’intervista chiesero a Suzanne se fosse andata a letto con Degas, rispose: “No, mai, ne aveva troppa paura, lui.”
Kiki di Montparnasse, vero nome Alice Prin, fu invece la regina della Parigi mondana degli anni Venti. Modella di tanti artisti, come Moise Kisling e Foujita, con il quale ebbe una storia, così come con il disegnatore Henry Broca. Ebbe poi una lunga relazione con Man Ray, infine si dedicò anch’essa alla pittura. Quando conobbe Man Ray nel 1922 lei era già ben nota e lui appena giunto a Parigi; lei si spogliò per posare, ma invece i due finirono per fare tutt’altro. Nacque così un sodalizio celebrato da tantissime foto di Man Ray, come “Le violon d’Ingres” e “Noire et blanche.” Man Ray scattò anche delle foto pornografiche, non svelando mai il nome della modella, ma secondo alcuni potrebbe essere stata proprio Kiki.
In passato non si sapeva bene da dove venissero i volti delle madonne, gli artisti se la cavavano parlando di fantasia o appellandosi all’ispirazione, che fa sempre un certo effetto. Quando nel Cinquecento il fenomeno della prostituzione ebbe un’impennata, come già detto gli artisti attinsero modelle soprattutto in quell’ambiente, e sul finire del secolo ormai le spiegazioni degli artisti suonavano ipocrite; Caravaggio mise le cose in chiaro, tutti sapevano che i suoi modelli erano prostitute e loschi figuri presi dal popolo, e questa fu una delle cose che gli resero la vita difficile.
Nel 1606 i carmelitani scalzi gli rifiutarono una “Morte della Vergine”, perché: “In persona della Madonna havea ritratto una cortigiana da lui amata […] perché havea fatto con poco decora la Madonna gonfia e con gambe scoperte.” Il dipinto scartato dai carmelitani fu visto da Rubens, di passaggio a Roma, che convinse il duca di Mantova ad acquistarlo.
La pratica di pescare nella prostituzione continuò per secoli, e nell’Ottocento molti artisti furono assidui frequentatori di bordelli e di qualsiasi luogo di degradazione, anche alla ricerca di modelle poco costose e disposte a tutto. Talvolta usavano le attrici – spesso anch’esse prostitute -, che accettavano qualsiasi lavoro, fosse in un teatro o nell’atelier di un artista. Quando a Fernande Barrey, moglie del pittore Foujita Tsugouhara, chiesero se in passato avesse fatto la modella, lei rispose: “Modella? Diciamo pure che battevo il marciapiede.”
Queste categorie quindi raccoglievano per lo più persone in difficoltà, e non di rado l’immigrazione forniva materiale umano agli artisti; tra Ottocento e Novecento, in Francia molte modelle venivano dalla Puglia, mentre in Inghilterra c’erano molte napoletane. Le principali modelle dei preraffaelliti erano Jane Burden, Emma Hill, Annie Miller, Fanny Corfnforth, Georgie Macdonald e Lizzie Siddall: tutte di famiglie povere.
I rapporti con gli artisti non erano sempre idilliaci, una modella che si permise di dire a Degas che il proprio naso non era come l’aveva disegnato, fu buttata fuori dall’atelier ancora nuda. Alphonse Mucha non era affatto delicato con le modelle, il figlio Jiri raccontò che spesso copriva il loro volto prima di fotografarle per non farsi distrarre dal viso, se lo considerava brutto o volgare; era molto sgarbato con le modelle che non incarnavano il suo ideale di bellezza e femminilità.
C’è poi un curioso aneddoto su Maurice Utrillo, che non fece mai uso di modelle tranne in un caso, quando ebbe modo di ritrarre la già citata Kiki di Montparnasse. Kiki restò in posa per tre ore, e quando infine andò a vedere il quadro, si rese conto che Utrillo aveva dipinto una casetta in campagna.
A complicare la vita di modelle e modelli, sul finire dell’Ottocento ci pensò la moda dell’ipnotismo, lanciata dal celebre psichiatra Jean-Martin Charcot. Su questa scia, giovani medici vennero impiegati nelle accademie per ipnotizzare i modelli per aiutarli a restare fermi per la posa, in questo modo rimanevano incoscienti e rigidi per il tempo richiesto. Il risveglio era però spesso burrascoso, con convulsioni e relative contusioni.
Alcune storie si concludevano in tragedia. Cécil Vidil detta Lucy, fu modella e amante di Jules Pascin, pittore diviso tra due donne; proprio la storia con Lucy sancì la fine dell’artista, quando nel 1930 lei decise di chiudere il rapporto. Pascin saldò i conti in sospeso e firmò il testamento che lasciava alle due donne tutti i propri averi, andò a bere qualcosa, tornato a casa si stese a terra e si tagliò le vene, lasciando scivolare il sangue in due bacinelle, poi si rialzò, scrisse su un armadio con il proprio sangue “addio Lucy”, e infine si impiccò.
In altri casi era la modella a farne le spese. Durante una permanenza in Marocco nel 1912, Matisse convinse la bella Zorah a farsi fare un ritratto. La ragazza pagò caro l’aver scoperto il proprio viso, le leggi coraniche spinsero la famiglia a buttarla fuori di casa. In un secondo viaggio, Matisse la cercò di nuovo e la trovò, ormai finita in un bordello; invece di rammaricarsi ne fu contento, perché finalmente poté ritrarla in piena libertà. Matisse tradiva spesso la moglie Amélie Parayre con le modelle, Amélie accettò persino la figlia che lui aveva avuto con la modella Caroline Joblaud. Infine però decise di lasciarlo.
Quanto a tragedie, Picasso ha lasciato strascichi persino dopo la morte avvenuta nel 1973: il figlio Paulo, avuto con la prima moglie Olga, si uccide nel 1975; nel 1977 si impicca Marie-Thérèse Walter, che era stata sua compagna e modella, Jacqueline Hutin, la sua ultima conquista, si uccide con un colpo di pistola nel 1986. Dora Maar, altra sua amante, che aveva dato segni di follia ed era finita in analisi, riceve un trattamento di elettroshock nella clinica di Lacan, che la spinge a convertirsi alla Chiesa cattolica romana.
Quando Paul Éluard le chiese di sposarlo lei rifiutò dicendo: “Dopo Picasso, solo Dio.” Divenne oblata dell’ordine di Saint-Sulpice. Qualcosa del genere l’aveva già detto nell’Ottocento Julie Forestier, che era stata compagna di Ingres; quando le chiesero perché in seguito non si fosse mai sposata rispose: “Quando una ha avuto l’onore di essere fidanzata con Ingres, poi non si sposa.” Altri tempi, quando l’artista aveva ancora un potere e le donne ne subivano il fascino.
Che una modella fosse amante o moglie dell’artista, o lo diventasse in seguito, non è sempre stato accettato o dato per scontato, in passato questo cliché è stato di volta in volta stigmatizzato, nascosto o esaltato, ma fu legato al concetto di libertà sessuale solo quando la società concesse privilegi speciali all’artista, cioè dal Cinquecento in poi, quando divenne intellettuale e genio. In seguito il Romanticismo estremizzò questo assunto, e appiccicò l’etichetta di dissoluto e libertino alla figura dell’artista, che spesso se la lasciò attaccare molto volentieri.
Essendo diventata l’esuberanza sessuale uno dei talenti richiesti a un artista, non sarebbe poi così assurdo pensare che nell’Ottocento molti si siano dedicati all’arte attratti proprio da questo aspetto; così come oggi alcuni ragazzi si lasciano abbacinare dalle mitologie di basso conio forgiate dai mass media – e purtroppo anche dalla politica -, sognando ricchezza e intemperanze sessuali. Secondo gli storici Ernst Kris e Otto Kurz: “Ciò che nella letteratura del Rinascimento pareva un fatto isolato, in seguito divenne un topos fisso della descrizione del pittore.
Una notizia di Plinio ci consente di misurare la distanza che separa, su questo punto, l’età moderna dall’antichità. Riferisce dunque Plinio che il pittore Arellio aveva gettato il disonore sull’arte, perché, “innamorandosi egli di ogni donna e prendendo le sue amanti come modelle per le dee che raffigurava”, si poteva facilmente contare quante ne aveva. Quella che i romantici consideravano prerogativa dell’artista, nell’antichità era dunque ritenuta un’aberrazione.”
Per qualche strano motivo, questo luogo comune in parte resiste ancora oggi, e alcuni credono che l’artista faccia sesso con tutte le donne che ritrae, anche se ormai basta un’occhiata di troppo per essere accusati di molestie sessuali, e anche se ormai la figura dell’artista non affascina più, e non conserva neanche un atomo del rispetto che un tempo riscuoteva.
Lo stesso vale per la modella: le cose sono cambiate da decenni, ma lo sciocco pregiudizio resta, e se una donna è disposta a posare per un artista molti pensano sia anche disposta a fare ben altro con lui; mentre se un artista chiede a una donna di fargli da modella, questa pensa che lui ci stia provando. E a dirla tutta, di solito non sbaglia.
Andros (Dal blog Androsophy, Internet web archive)
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