Poesie famose per pensare. Una raccolta di testi poetici di autori famosi per invitare alla riflessione e alla meditazione, con vari articoli sull’argomento.
IL RIMORSO
Ho commesso il peggiore dei peccati
che un uomo possa commettere. Non sono stato
felice. Che i ghiacciai dell’oblio
possano travolgermi e disperdermi, senza pietà.
I miei mi generarono per il gioco
rischioso e stupendo della vita,
per la terra, l’acqua, l’aria, il fuoco.
Li frodai. Non fui felice. Realizzata
non fu la giovane loro volontà. La mia mente
si applicò alle simmetriche ostinatezze
dell’arte che intreccia inezie.
Ereditai valore. Non fui valoroso.
Non mi abbandona, mi sta sempre a lato
l’ombra d’essere stato un disgraziato.
JORGE LUIS BORGES
AMORE E MORTE
Fratelli, a un tempo stesso,
Amore e Morte
ingenerò la sorte.
Cose quaggiù sì belle
altre il mondo non ha, non han le stelle.
Nasce dall’uno il bene,
nasce il piacer maggiore
che per lo mar dell’essere si trova;
l’altra ogni gran dolore,
ogni gran male annulla.
GIACOMO LEOPARDI
I DIDATTORI
Resta ancora un odore tra i canneti:
di sangue e corpo una mistura, petalo
penetrante e nauseabondo.
Fra le palme le tombe sono colme
d’ossa disfatte e silenziosi rantoli.
Il raffinato satrapo conversa
con calici, collari e fregi in oro.
Brilla il palazzo come un orologio
e le risate rapide, inguantate
percorrono talvolta i corridoi
e si congiungono alle voci morte,
alle livide bocche seppellite.
Il pianto si nasconde come pianta
e fa crescere al buio foglie cieche.
L’odio si è costruito squama a squama,
colpo a colpo, nell’acqua del pantano,
col muso nella melma e nel silenzio.
PABLO NERUDA
CHE TE NE FAI DI UN TITOLO?
Non ce la fanno
gli intelligenti muoiono tra le fiamme:
sonniferi, veleno per i topi, corda,
qualunque cosa…
si strappano le braccia,
si buttano dalla finestra,
si cavano gli occhi dalle orbite,
respingono l’amore
respingono l’odio
respingono, respingono.
Gli intelligenti si trovano all’angolo
di una stanza, accartocciati tra ragni
e libri, nel silenzio,
e non sapremo mai perché se ne sono andati,
erano tanto intelligenti.
Non ce la fanno
gli intelligenti muoiono soli
e lasciano gli stupidi alla loro stupida vita,
amabili e vivaci.
CHARLES BUKOWSKI
SFORZATI I SAVI A VIVER COME STOLTI
Gli astrologi, antevista in un paese
costellazion che gli uomini impazzire
far dovea, consigliarsi di fuggire,
per regger sani poi le genti offese,
Tornando poscia a far le regie imprese,
consigliavan que’ pazzi con bel dire
il viver prisco, il buon cibo e vestire.
Ma ognun con calci e pugni a lor contese.
Talché, sforzati i savi a viver come
gli stolti usavan, per schifar la morte,
ché ‘l più gran pazzo avea le regie some,
vissero sol col senno a chiuse porte,
in pubblico applaudendo in fatti e nome
all’altrui voglie forsennate e torte.
TOMMASO CAMPANELLA
SONETTO DELL’ASINO
O sant’asinità, sant’ignoranza,
Santa stolticia e pia devozione,
Qual sola puoi far l’anime si buone,
Ch’uman ingegno e studio non l’avanza;
Non gionge faticosa vigilanza
D’arte qualunque sia, o ‘nvenzione,
Né de sofossi contemplazione
Al ciel dove t’edifichi la stanza.
Che vi val, curiosi, il studiare,
Voler saper quel che fa la natura,
Se gli astri son pur terra, fuoco e mare?
La santa asinità di ciò non cura;
Ma con man gionte e ‘n ginocchion vuol stare,
Aspettando da Dio la sua ventura.
Nessuna cosa dura,
Eccetto il frutto de l’eterna requie,
La qual ne done Dio dopo l’essequie.
GIORDANO BRUNO
L’INFINITO
Sempre caro mi fu quest’ermo colle,
e questa siepe, che da tanta parte
dell’ultimo orizzonte il guardo esclude,
Ma sedendo e mirando, interminati
spazi di là da quella, e sovrumani
silenzi, e profondissima quiete
io nel pensar mi fingo; ove per poco
il cor non si spaura. E come il vento
odo stormir tra queste piante, io quello
infinito silenzio a questa voce
vo comparando: e mi sovvien l’eterno,
e le morte stagioni, e la presente
e viva, e il suon di lei. Così tra questa
immensità s’annega il pensier mio:
e il naufragar m’è dolce il questo mare.
GIACOMO LEOPARDI
LA SFORTUNA
Per sollevare un così grande peso, Sisifo, ci vorrebbe tutto il tuo coraggio!
Benché si lavori di lena, l’Arte è lunga, il Tempo breve.
Lontano dai sepolcri illustri il mio cuore, come un tamburo abbrunato,
batte funebri marce verso un cimitero remoto.
– Non pochi gioielli vi dormono, sepolti nelle tenebre e nell’oblìo,
lontano da zappe e da sonde.
E non pochi fiori vi effondono contro voglia il loro profumo,
dolce come un segreto, in profonda solitudine.
CHARLES BAUDELAIRE
L’ ANGOSCIA
Niente di te, mi commuove, né i campi
prodighi, né l’eco vermiglia delle pastorali
siciliane, né le sontuose aurore,
né la solennità dolente dei tramonti.
Rido dell’arte e rido anche dell’uomo, dei canti,
dei versi, dei templi greci e delle torri a spirali
che nel cielo vuoto innalzano le cattedrali,
e osservo buoni e malvagi con lo stesso sguardo.
Non credo a Dio, abiuro e rinnego
ogni pensiero, e quanto all’ironia vecchia ch’è l’amore,
oh come vorrei che non se ne parlasse più!
Stanca di vivere, ma tutta timorosa di morire,
come il vascello perduto, tra il flusso e il riflusso,
l’anima mia salpa per terribili naufragi.
PAUL VERLAINE
CHI SONO?
Chi Sono?: “Son forse un poeta?
No certo.
Non scrive che una parola, ben strana
la penna dell’anima mia: “follia”
Son dunque un pittore?
Neanche
Non ha che un colore
la tavolozza dell’anima mia:
malinconia
Un Musico, allora?
Nemmeno
Non c’è che una nota
nella tastiera dell’anima mia:
“nostalgia”
Son dunque… che cosa?
Io metto una lente
davanti al mio cuore
per farlo vedere alla gente
Chi sono?
Il “saltimbanco dell’anima mia.”
ALDO PALAZZESCHI
BALLATA DELLE MADRI
Mi domando che madri avete avuto.
Se ora vi vedessero al lavoro
in un mondo a loro sconosciuto,
presi in un giro mai compiuto
d’esperienze così diverse dalle loro,
che sguardo avrebbero negli occhi?
Se fossero lì, mentre voi scrivete
il vostro pezzo, conformisti e barocchi,
o lo passate a redattori rotti
a ogni compromesso, capirebbero chi siete?
Madri vili, con nel viso il timore
antico, quello che come un male
deforma i lineamenti in un biancore
che li annebbia, li allontana dal cuore,
li chiude nel vecchio rifiuto morale.
Madri vili, poverine, preoccupate
che i figli conoscano la viltà
per chiedere un posto, per essere pratici,
per non offendere anime privilegiate,
per difendersi da ogni pietà.
Madri mediocri, che hanno imparato
con umiltà di bambine, di noi,
un unico, nudo significato,
con anime in cui il mondo è dannato
a non dare né dolore né gioia.
Madri mediocri, che non hanno avuto
per voi mai una parola d’amore,
se non d’un amore sordidamente muto
di bestia, e in esso v’hanno cresciuto,
impotenti ai reali richiami del cuore.
Madri servili, abituate da secoli
a chinare senza amore la testa,
a trasmettere al loro feto
l’antico, vergognoso segreto
d’accontentarsi dei resti della festa.
Madri servili, che vi hanno insegnato
come il servo può essere felice
odiando chi è, come lui, legato,
come può essere, tradendo, beato,
e sicuro, facendo ciò che non dice.
Madri feroci, intente a difendere
quel poco che, borghesi, possiedono,
la normalità e lo stipendio,
quasi con rabbia di chi si vendichi
o sia stretto da un assurdo assedio.
Madri feroci, che vi hanno detto:
Sopravvivete! Pensate a voi!
Non provate mai pietà o rispetto
per nessuno, covate nel petto
la vostra integrità di avvoltoi!
Ecco, vili, mediocri, servi,
feroci, le vostre povere madri!
Che non hanno vergogna a sapervi
– nel vostro odio – addirittura superbi,
se non è questa che una valle di lacrime.
È così che vi appartiene questo mondo:
fatti fratelli nelle opposte passioni,
o le patrie nemiche, dal rifiuto profondo
a essere diversi: a rispondere
del selvaggio dolore di esser uomini.
PIER PAOLO PASOLINI
JIM CROW
Dov’è il posto per Jim Crow
su questa giostra? Signore,
perché io voglio salire.
Giù nel Sud, da dove provengo,
bianchi e negri non possono
sedersi uno accanto all’altro.
Giù nel Sud, nel treno c’è
una carrozza apposta per Jim Crow.
Sulle corriere ci mettono dietro,
ma qui non v’è un retro
per una giostra!
Dov’è un cavallo
per un bambino negro?
LANGSTON JAMES HUNGHES
GLI ENIGMI
Io che sono colui che sta cantando
Sarò domani il misterioso, il morto,
L’abitante d’un magico e deserto
Mondo senza più pria né poi né quando.
La mistica lo afferma. Io non mi credo
Degno del Paradiso o dell’Inferno,
Ma di ciò taccio ché la nostra storia
Cambia come le forme di Proteo.
Che errante labirinto, che nitore
Cieco, abbagliante, mi toccherà in sorte
Quando mi porga l’ultima avventura
La bizzarra esperienza della morte?
Voglio bere il suo cristallino oblio,
Esser per sempre; ma non esser stato.
JORGE LUIS BORGES
DOMANDE
Cicale a gran consiglio in campagna.
“Cosa ne pensi, Marco Aurelio,
di queste antiche filosofie della pianura?
Ma com’è meschino il tuo pensiero!”
L’acqua del fiume scorre lentamente.
“Cosa vedi, Socrate,
nell’acqua che scivola all’amara morte?
Ma com’è misera e triste la tua fede!”
Le rose si sfolgiano nel fango.
“Cosa vedi, o dolce Giovanni di Dio,
in questi petali gloriosi?
Ma com’è piccolo il tuo cuore!”
F. G. LORCA
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