Un Natale molto triste, o per meglio dire il Natale più tragico e angoscioso della mia vita, il primo senza mia mamma, con cui ho convissuto da quando sono nato.
I momenti di felicità… Ne abbiamo avuto l’esperienza, ma ci è sfuggito il significato, come diceva Eliot. O per meglio dire, non ce ne siamo resi conto, così la vita è passata e alla fine non mi è rimasto che il dolore per la perdita della persona più cara, mia mamma.
Carl William Brown
Viviamo un’epoca priva di avvenire. L’attesa di ciò che verrà non è più speranza, ma angoscia.
Simon Weil
In the end our lives are nothing but absurd, tragic and painful stories.
Carl William Brown
Immagina pure che ti siano destinati nella vita molti giorni terribili; il più terribile di tutti sarà il giorno in cui perderai tua madre.
Edmondo De Amicis
D’ora in poi voglio immaginarmi la morte come una tenera e affettuosa mamma che con estremo amore, stringendomi sorridente al suo seno per tutta l’eternità, invece di darmi la vita me la toglierà.
Carl William Brown
Dopo la fine del tempo, madre, ci ritroveremo nella realtà che non esiste, nel mondo che non c’è; saremo felici, sereni, in pace, e finalmente potremo godere di ciò che non siamo.
Carl William Brown
Dov’è la Vita che abbiamo perduto vivendo? Dov’è la saggezza che abbiamo perduto sapendo? Dov’è la sapienza che abbiamo perduto nell’informazione?
T.S. Eliot
Chi tene ‘a mamma è ricche e nun ‘o sape; chi tene ‘o bbene è felice e nun ll’apprezza. Pecchè ll’ammore ‘e mamma è ‘na ricchezza è comme ‘o mare ca nun fernesce maje.
Salvatore di Giacomo
Ognuno sta solo sul cuor della terra, trafitto da un raggio di sole: ed è subito sera.
Salvatore Quasimodo
In genere l’arte non nasce dalla felicità, ma nasce da un disagio, da una necessità di comunicare qualcosa agli altri, così come la letteratura spesso è alimentata dal desiderio di voler esternare un malessere interiore, magari raccontando storie, che alla fine non sono altro che la raffigurazione delle nostre tragiche esistenze.
Carl William Brown
Dicembre è il mese in cui si respira aria di festa, negozi addobbati e tavole imbandite, luci accecanti e bambini ansiosi… Ma dentro il buio, il buio di chi questo mese lo vive di mancanze. Il mese in cui i ricordi saranno più vivi che mai. Sarà che mancheranno i sorrisi pazzi, sarà che mancherà il regalo più importante. Dicembre un mese di sorrisi e tristezza. Il mese in cui ritorni a casa la sera e vorresti trovare tutto al proprio posto… comprese le persone.
Anonimo
Sul punto di morte si ricordò di sua madre che lo stava attendendo nella realtà che non esiste e quasi compiaciuto si consolò.
Carl William Brown
La morte della madre è l’anticipo della tua morte. Perché è la morte della creatura che ti ha concepito, portato dentro il ventre, regalato la vita. Nell’attimo in cui muore, muore fisicamente una parte di te o il principio di te, né serve che il cordone ombelicale sia stato tagliato per separarvi.
Oriana Fallaci
Non ho quasi la forza di scrivere, sembro come paralizzato, visto la mia attuale condizione psicologica. Questo infatti è il Natale più triste e tragico della mia vita. Mia mamma è scomparsa il 3 ottobre, aveva 90 anni e da tempo era ammalata, e io ho vissuto con lei da sempre, vale a dire per 63 anni abbondanti, anzi per essere più precisi 64 se consideriamo la gestazione.
Negli ultimi due anni era peggiorata considerevolmente, anche se da più di 10 anni soffriva di varie patologie, non riusciva più a camminare e nemmeno a ragionare, ma da un punto di vista affettivo era ancora presente. Ma verso la fine la situazione era degenerata, respirava a fatica, non parlava più, vocalizzi molto frequenti, sintomo della fase terminale della demenza, inoltre era disfagica e quindi non riusciva a mangiare in modo naturale, e poi alcune ischemie, di sicuro anche delle embolie, più il Parkinson, i calcoli, i diverticoli, l’arteriosclerosi e infine una polmonite l’hanno stroncata del tutto. Ma fin che era in vita mi dava ancora la forza di sopportare tutte le sofferenze di una condizione veramente difficile, straziante e penosa. Quando poi però alla fine è mancata mi sono sentito veramente sconvolto.
Certamente sapevo che l’evento sarebbe stato inevitabile, e che prima o poi sarebbe accaduto, non ci si poteva scappare, ed ero anche consapevole della sua imminenza, ma speravo sempre che potesse vivere ancora un po’, qualche mese, magari un anno, invece se n’è andata in qualche giorno, lasciandomi nello sconforto più totale.
Nei giorni della disgrazia ero talmente frastornato che quasi non mi sembrava vero quello che stava accadendo e facevo tutto come un automa, come un robot che deve portare a termine delle azioni prestabilite, sbrigare le pratiche all’agenzia di pompe funebri, andare all’obitorio, partecipare al funerale, dare la donazione al prete, stringere la mano ai conoscenti, recarmi dal marmista e via dicendo.
A distanza di più di due mesi poi, la realtà che mi circonda in casa, il suo silenzio, con tutte le cose che mi ricordano inevitabilmente mia madre, sembrano soffocare persino la mia forza di respirare.
In questi mesi ho cercato di darmi da fare, pulire la casa, incorniciare le foto, mettere a posto gli armadi, eliminando capi che da decenni non erano utilizzati, conservando solo un po’ di abiti per alimentare il ricordo.
E ancora andare al cimitero, camminare nelle zone della mia infanzia e della mia gioventù, posti molto cambiati, ma dove il tempo era trascorso accanto a mia mamma, e a mio papà, e l’atmosfera mi aiutava a ricordarli ancora di più, come se il tempo non fosse passato, come se stessi tornando alla mia vecchia casa per trovarli ancora intenti nelle varie faccende domestiche e magari a litigare anche un po’.
Inutile dire che il sollievo però era solo momentaneo, e quando ritornavo nella mia abitazione attuale, completamente isolato, non potevo non farmi avvinghiare lo stomaco da un angoscioso magone.
Ora tutti i nodi vengono al pettine, visto che ormai sono solo come un cane randagio, e i ricordi dei tempi migliori mi frullano in testa come una tempesta. Soprattutto in questo mese di feste, dove il Natale dovrebbe portare una ventata di gioia in tutte le case, invece qui da me regna solo la tristezza e la desolazione, che si abbattono come un uragano su un povero cuore affranto.
Fotografie in ogni stanza, sui blogs, sulla lapide, mi sembra di essere sospeso nel limbo, in una situazione di attesa, come intento ad aspettare mia mamma quando ero piccolo, che tardava ad arrivare, ed io ero come impaurito, un po’ arrabbiato e un po’ ansioso, soprattutto perché già intravedevo l’incertezza del futuro. La mia strana cognizione del tempo non mi ha mai né aiutato, né portato fortuna.
Tristezza, malinconia, dolore, il tempo che passa, la vecchiaia, i problemi legati ad un difficile approccio all’esistenza e all’economia della sfortuna, tutte cose che non aiutano a superare i momenti difficili. Da aggiungere inoltre che i pochi amici geniali che avevo, purtroppo sono già morti e anche i vicini si sono diradati parecchio, mentre i parenti, i pochi che frequento, stanno invecchiando anche loro a grandi passi.
E’ pur vero che sono sempre stato un personaggio abbastanza solitario, anche se nel mio profondo non mi sono mai considerato un grande spirito, come potrebbe dedursi da una famosa citazione di Shopenhauer, e non ho mai nemmeno considerato la solitudine come il minore di due mali, anzi la compagnia di mia madre mi ha sempre rincuorato, soprattutto negli ultimi anni in cui l’ho assistita e ho vissuto con lei ogni giorno, e questo ha reso il mio rapporto con lei molto più intenso di quando ero più giovane e scapestrato.
La perdita di mia madre inoltre agisce come da catalizzatore per tutti i ricordi dei tempi che furono, facendo tornare più vivi e pungenti tutti gli eventi dolorosi del passato, in primis la morte di mio padre, avvenuta ormai 11 anni orsono, le varie malattie che ci hanno colpito e la vita difficile e non troppo fortunata che abbiamo avuto.
Se invece penso ai momenti più piacevoli trascorsi in famiglia mi ritrovo necessariamente obbligato a fare dei tristissimi paragoni con la mia situazione attuale, che meriterà inevitabilmente un articolo specifico e ben dettagliato, anche perché sarà motivo di analisi e di critica su tante cose che non vanno certamente nel migliore dei modi possibili. Basti solo dire che tutte le buone cose che possono verificarsi durante i giorni di festa, dalle emozioni ai vari pranzi, dalle incomprensioni alla sicurezza di una presenza amorevolmente certa, sono purtroppo scomparse del tutto.
Il silenzio assordante e frastornante, che non viene più addolcito dal melodioso suono della sua voce, la prima voce che già in fase di crescita nel suo corpo avevo imparato ad amare e che mi confortava sempre. E in questo straziante silenzio pensi e ti rendi conto che la mamma è l’unica donna che ti ama per quello che sei, e purtroppo sono inevitabili anche dei sensi di colpa per quello che non hai fatto o che hai fatto male quando eri più giovane e non ti rendevi conto dell’immenso valore dei genitori.
Ed è proprio per questo che la mancanza di mia mamma e di mio papà mi obbligano a riflettere maggiormente sulla realtà attuale, e qui ci deve nuovamente affacciare sugli abissi dell’egoismo e della stupidità umana, dove guerre, povertà, ingiustizie e disgrazie insensate aggiungono ancora sale sulle mie vivide ferite.
MI sembra di essere Miss Havisham, del romanzo Great Expectations, una donna eccentrica che vive in una grande casa quasi abbandonata nella cittadina vicino a dove vive il giovane Pip. Tra i tanti personaggi memorabili creati da Dickens, lei è uno dei più indimenticabili. Da giovane sposa fu abbandonata il giorno del suo matrimonio. Ora, molti anni dopo, è una donna anziana che non lascia mai la sua stanza illuminata dalle candele e ha indossato per anni solo il suo abito da sposa.
Già una figura sconcertante, è ulteriormente amplificata perché Dickens usa una tecnica preferita per descriverla (attraverso gli occhi impressionabili del bambino Pip, che nota dettagli nel suo vestito e nella stanza che intensificano la sua stranezza. L’orologio fermo, la scarpa unica sul tavolo, la pila di vestiti sul comò suggeriscono che la donna è gravemente disturbata e profondamente infelice. Ecco, penso spesso a questo personaggio, e per molti aspetti mi ci identifico.
E pensare che mia mamma era una donna molto forte ed estremamente dinamica, sempre in bicicletta, al lavoro prima e poi a svolgere tutte le faccende domestiche. Ricordo con estrema commozione quando un anno, sarà stato all’incirca il 1971 o 72, arrivò a casa con un piccolo abete sulla bicicletta da donna, appoggiato tra il tubolare della sella e il manubrio.
Tutti gli anni facevamo l’albero e il presepio, ma senza luci, perché all’epoca non erano ancora così diffuse. Mi ricordo le varie palle, gli addobbi e poi il puntale, la parte più caratteristica dell’albero.
E prima ancora c’era il rito della Santa Lucia il 13 di Dicembre, quando mi svegliavo e trovavo sul tavolo della sala da pranzo un mucchio di dolci e i vari giochi che avevo richiesto. La cosa che mi manca di più poi era la sua generosità, oggigiorno se devo paragonare il suo carattere, la sua indole e la sua dolcezza con le persone con cui ho a che fare, la terra desolata di Eliot mi pare un giardino dell’Eden incantato.
Per carità, bisogna farsene una ragione e accettare la sofferenza della vita, ma la cosa non è divertente. Certamente non sarò l’unico ad essere triste, melanconico, un po’ ansioso e depresso in questo periodo di feste, infatti le celebrazioni natalizie, lontane dall’essere solo momenti di gioia e condivisione, possono incentivare i sentimenti di tristezza misti ad una pungente angoscia, e questo stato d’animo dicono che interessi una buona parte della popolazione.
È il famoso Christmas Blues, la cosiddetta depressione natalizia. Così mi aggregerò anch’io a quel gruppo di persone che in prossimità delle festività aumentano il loro malessere di tipo sociale-esistenziale, magari legato a recenti cambiamenti, e che stanno peggio proprio durante il periodo del Natale, proprio perché sentono più forte il senso di solitudine e fallimento.
Mia mamma, la mia stella polare che mi dava sostegno solo a guardarla, mi evoca la metafora di una galassia lontana che non c’è più, ma la cui luce mi colpisce ancora, illuminando una lunga serie di ricordi, e evocando in mè un profondo e tristissimo senso di perdita e l’angosciosa consapevolezza dell’irreversibilità del tempo.
Già, in certe situazioni saremme meglio non doversi trovare mai, e il sentimento più appropriato in questi frangenti è quello di desiderare di scomparire, di disentegrarsi, in poche parole di non essere.
Dramma nel dramma, è che sono animato da questi pensieri sin da quando ero adolescente, e visto che sono ancora qui, la cosa aggiunge ai miei pensieri un senso di codardia che non mi agevola certamente, così devo ammettere che la paura di morire è più forte del mio coraggio di andarmene.
Comunque per concludere, devo ammettere che avrei preferito non aver dovuto affrontare questo lutto, e questo sarebbe stato possibile solamente se fossi morto poco prima di mia madre, sarebbe stato un bel regalo di Natale della buona sorte, anche perché così non sarei stato obbligato a dover passare il Natale più triste e tragico della mia vita.
P.S. Sono sempre stato orgoglioso di aver adottato come mio motto lo stesso che fu di Giordano Bruno e che trova comunque le sue origine nella Bibbia e in alcuni testi dei classici latini e greci, vale a dire – In tristitia hilaris, in hilaritate tristis -, ma in questo periodo del Santo Natale 2023, non riesco proprio a rallegrarmi, per cui rimango – In dolore meo tristis et desolatus sum -.
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