Una favola per Natale e non solo, ovvero la fiaba della Piccola Fiammiferaia di Hans Christian Andersen, una storia triste e attuale per riflettere e per sperare in una vita migliore, con analisi e commenti.
Cosa sarebbero mai le favole per un bambino, senza le dolci e affettuose sonorità di una voce che gliele racconta!
Carl William Brown
Non dimenticate che le favole, la fantasia e il sogno hanno influenzato enormemente non solo la letteratura, ma anche la religione.
Carl William Brown
Vivere non è abbastanza, disse la farfalla, uno deve avere il sole, la libertà, ed un piccolo fiore.
Hans Christian Andersen
È un mito, non un mandato; una favola, non una logica, e un simbolo piuttosto che una ragione da cui gli uomini sono mossi.
Irwin Edman
Dedico questo articolo a coloro che raccontano favole ai bambini, a tutte quelle persone che sono in difficoltà e magari sono anche sole, a tutti coloro che possono favorire in qualche modo la letteratura ed il progresso sociale, e soprattutto a mia mamma e a mia nonna, che rivedrò certamente in punto di morte, ovvero prima di passare a miglior vita.
Carl William Brown
“Forse è arrivato proprio il momento di mettere le fiabe per iscritto; coloro che devono tramandarle, infatti, si fanno sempre più rari”. Sono le parole tratte dalla prefazione dell’antologia Fiabe del focolare (Kinder-und Hausmärchen), la famosa raccolta di favole dei fratelli Grimm, pubblicata per la prima volta il 20 dicembre 1812. Figuriamoci cosa dovremmo dire noi oggi che siamo nel 2024 e la gente invece di diventare sempre più colta e sensibile, sta diventando sempre più ignorante, egoista, indifferente e crudele. Comunque visto che il ruolo della letteratura e di chi la coltiva non è poi molto cambiato nel corso dei secoli, noi a dire qualcosa ci proviamo.
Le favole oggigiorno hanno perso molto del loro spazio nell’educazione e nell’intrattenimento dei bambini, soprattutto a causa dell’avvento di nuove tecnologie, di contenuti digitali sempre più accattivanti e del tempo limitatissimo che i genitori stessi dedicano alla lettura e all’apprendimento individuale. Il risultato ovvio è che il rapporto tra genitori e figli ne risente moltissimo, così come la perdita della trasmissione dei valori universali, dei momenti di stimolazione dell’immaginazione, e pure dello sviluppo del linguaggio.
Per preservare il ruolo delle favole, sarebbe utile incoraggiare i genitori a riscoprirle e adattarle al contesto contemporaneo, magari integrandole con momenti di dialogo o riflessione dopo la lettura. Eh già, servirebbe un notevole sforzo per mantenerle vive e riscoprire il loro valore, che spesso va al di là del semplice racconto di fantasia.
Le fiabe potrebbero ancora anche oggi, come hanno fatto nel passato, servire a diffondere insegnamenti morali, a far capire l’universalità e l’importanza di certe tematiche, essere da stimolo al dialogo e alla riflessione, sviluppando così in chi le ascolta empatia e immaginazione, oltre che cultura per le tradizioni e le credenze dei vari popoli. Per questi motivi vi propongo oggi una famosissima favola del passato, magari non troppo allegra e spensierata, ma che tuttavia ha una forte relazione con il nostro futuro, quello di tutti noi, ovvero il momento in cui lasceremo questo misero mondo immondo.
Quindi per prima cosa vi riporto il testo della Piccola fiammiferaia dello scrittore danese Hans Christian Andersen, nato il 2 aprile del 1805 nei quartieri poveri della città di Odense, nell’isola di Fioia, figlio di un calzolaio e venditore ambulante di calzini e di una madre lavandaia e analfabeta, cresciuto in una sola stanza in condizioni di estrema miseria, nella casa dove già abitava la nonna materna che aveva accolto i due genitori circa nove mesi dopo la nascita del piccolo Christian, pubblicata per la prima volta nel 1848, nel quinto volume di Nuove fiabe, alla quale farò seguire un’analisi sintetica ma esaustiva del suo complesso e profondo significato, sempre a favore dei moderni e ipotetici lettori. Scelgo appunto questo periodo natalizio per dedicare questo articolo a tutte quelle persone di buona volontà che avranno lo stimolo per leggere, pensare, criticare e divulgare alcuni sani principi dell’impegno letterario.
Da sottolineare inoltre che il nostro autore si trasferì a Copenaghen a soli 14 anni con il sogno di diventare attore o scrittore, e riuscì a ricevere il sostegno di alcuni benefattori che gli permisero di studiare. Dopo alcuni tentativi iniziali poco fortunati, Andersen trovò il suo successo con le fiabe, opere che combinavano semplicità narrativa e profondità filosofica. Tra i suoi capolavori figurano “La sirenetta”, “Il brutto anatroccolo” e “La piccola fiammiferaia”, storie che riflettono spesso i temi della lotta, del riscatto e della speranza, ispirati alla sua stessa vita. Dalla povertà iniziale, Andersen divenne uno degli scrittori più celebri e amati al mondo, lasciando un’eredità immortale nella letteratura per l’infanzia e oltre. Andersen morì il 4 agosto 1875, in pace, consapevole di questa amara verità espressa in questa sua frase: “Non vedo progresso, non vedo futuro. Se la vecchiaia è questo, è terribile”.
Ecco la storia della Piccola Fiammiferaia
Era l’ultimo giorno dell’anno: faceva molto freddo e cominciava a nevicare. Una povera bambina camminava per la strada con la testa e i piedi nudi. Quando era uscita di casa, aveva ai piedi le pantofole che, però, non aveva potuto tenere per molto tempo, essendo troppo grandi per lei e già troppo usate dalla madre negli anni precedenti. Le pantofole erano così sformate che la bambina le aveva perse attraversando di corsa una strada: una era caduta in un canaletto di scolo dell’acqua, l’altra era stata portata via da un monello. La bambina camminava con i piedi lividi dal freddo. Teneva nel suo vecchio grembiule un gran numero di fiammiferi che non era riuscita a vendere a nessuno perché le strade erano deserte.
Per la piccola venditrice era stata una brutta giornata e le sue tasche erano vuote. La bambina aveva molta fame e molto freddo. Sui suoi lunghi capelli biondi cadevano i fiocchi di neve mentre tutte le finestre erano illuminate e i profumi degli arrosti si diffondevano nella strada; era l’ultimo giorno dell’anno e lei non pensava ad altro! Si sedette in un angolo, fra due case. Il freddo l’assaliva sempre più. Non osava ritornarsene a casa senza un soldo, perché il padre l’avrebbe picchiata. Per riscaldarsi le dita congelate, prese un fiammifero dalla scatola e crac! Lo strofinò contro il muro. Si accese una fiamma calda e brillante. Si accese una luce bizzarra, alla bambina sembrò di vedere una stufa di rame luccicante nella quale bruciavano alcuni ceppi. Avvicinò i suoi piedini al fuoco… ma la fiamma si spense e la stufa scomparve.
La bambina accese un secondo fiammifero: questa volta la luce fu così intensa che poté immaginare nella casa vicina una tavola ricoperta da una bianca tovaglia sulla quale erano sistemati piatti deliziosi, decorati graziosamente. Un’oca arrosto le strizzò l’occhio e subito si diresse verso di lei. La bambina le tese le mani… ma la visione scomparve quando si spense il fiammifero. Giunse così la notte. “Ancora uno!” disse la bambina. Crac! Appena acceso, s’immaginò di essere vicina ad un albero di Natale. Era ancora più bello di quello che aveva visto l’anno prima nella vetrina di un negozio. Mille candeline brillavano sui suoi rami, illuminando giocattoli meravigliosi. Volle afferrarli… il fiammifero si spense… le fiammelle sembrarono salire in cielo… ma in realtà erano le stelle. Una di loro cadde, tracciando una lunga scia nella notte. La bambina pensò allora alla nonna, che amava tanto, ma che era morta. La vecchia nonna le aveva detto spesso: Quando cade una stella, c’ è un’anima che sale in cielo”. La bambina prese un’altro fiammifero e lo strofinò sul muro: nella luce le sembrò di vedere la nonna con un lungo grembiule sulla gonna e uno scialle frangiato sulle spalle. Le sorrise con dolcezza.
Nonna! gridò la bambina tendendole le braccia, portami con te! So che quando il fiammifero si spegnerà anche tu sparirai come la stufa di rame, l’oca arrostita e il bell’albero di Natale. La bambina allora accese rapidamente i fiammiferi di un’altra scatoletta, uno dopo l’altro, perché voleva continuare a vedere la nonna. I fiammiferi diffusero una luce più intensa di quella del giorno: “Vieni!” disse la nonna, prendendo la bambina fra le braccia e volarono via insieme nel gran bagliore. Erano così leggere che arrivarono velocemente in Paradiso; là dove non fa freddo e non si soffre la fame! Al mattino del primo giorno dell’anno nuovo, i primi passanti scoprirono il corpicino senza vita della bambina. Pensarono che la piccola avesse voluto riscaldarsi con la debole fiamma dei fiammiferi le cui scatole erano per terra. Non potevano sapere che la nonna era venuta a cercarla per portarla in cielo con lei. Nessuno di loro era degno di conoscere un simile segreto!
Diciamo subito che a differenza della struttura proppiana, in cui l’eroe spesso trionfa e ottiene una ricompensa, la fiaba di Andersen si conclude con la morte della protagonista. Questo finale tragico si allontana dalla struttura tipica delle fiabe popolari tradizionali e si avvicina invece alle fiabe letterarie con un intento morale, poetico e finanche religioso.
È un racconto in cui manca apparentemente un vero antagonista nel senso proppiano (come un drago o un cattivo); il nemico vero è rappresentato invece dall’indifferenza sociale e dal freddo, elementi astratti e impersonali. Manca inoltre il lieto fine, cosa che im genere accadrà anche a tutte le nostre vite, per questo la funzione di denuncia delle disuguaglianze sociali della favola tende a suscitare compassione nel lettore, piuttosto che seguire una struttura narrativa archetipica.
La Piccola Fiammiferaia di Hans Christian Andersen è perciò una favola struggente che, pur nella sua semplicità, trasmette potenti insegnamenti morali e umani, ancora profondamente attuali. Attraverso la sua lettura possiamo renderci conto della fragilità dell’infanzia, dell’ndifferenza sociale verso i più deboli e vulnerabili, e possiamo intravedere anche una forte critica alla disuguaglianza di questa società, infatti la bambina, attraverso delle brevi illusioni o allucinazioni se preferite, viene costretta dalla realtà a preferire la morte, accompagnata dalla cara nonna in paradiso, soluzione spirituale, onirica e religiosa al dramma della vita stessa. Del resto anche le religioni stesse, non sono altro che dei ponti tra la realtà e l’immaginazione che è alla base delle nostre capacità narrative ed ermeneutiche, proprio come le favole migliori.
L’assenza di solidarietà nella storia amplifica la tragedia. Questo silenzio sociale diventa un invito per noi lettori a non essere spettatori passivi, ma ad agire per il bene degli altri. La bambina rappresenta l’innocenza e la fragilità di tutti i bambini che, come lei, subiscono le conseguenze della povertà e delle difficoltà della vita. Andersen ci invita a riflettere sul nostro dovere di proteggere e prendersi cura dei più piccoli, rispettando la loro dignità.
La storia ci invita pertanto a riflettere sulla necessità di vedere e comprendere la sofferenza degli altri, soprattutto di coloro che vivono ai margini della società. La piccola fiammiferaia è un simbolo di tutti coloro che vengono ignorati o dimenticati, e ci chiede di non chiudere gli occhi di fronte al dolore umano ed è quindi un chiaro ed accorato invito alla compassione e all’empatia. La Piccola Fiammiferaia non è dunque solo una favola triste, ma incarna un monito universale che ci invita a mettere al centro delle nostre vite la gentilezza, la solidarietà e la lotta contro l’indifferenza. Pur essendo un racconto semplice, il suo messaggio resta profondo e stimola una riflessione sul nostro ruolo come esseri umani in relazione agli altri.
Tuttavia c’è ancora un aspetto che ci riguarda direttamente molto da vicino, infatti la visione della nonna da parte della piccola fiammiferaia può essere interpretata come un parallelismo con le esperienze che molte persone riportano in punto di morte, quando affermano di “rivedere” o percepire la presenza di persone amate che sono già passate oltre. La comparsa della nonna, figura amorevole e protettiva, sempre presente nei ricordi e nella mente della fanciulla, sembra essere un ultimo conforto per la bambina, che trova sollievo e gioia nella sua visione. Questo ricorda i racconti di chi, nei momenti terminali, percepisce figure familiari che li accolgono o li accompagnano, offrendo una sensazione di pace e serenità.
Per la piccola fiammiferaia, la nonna rappresenta l’unico legame affettuoso e caloroso che ha mai conosciuto. Questo sottolinea come, nelle esperienze di fine vita, le persone tendano a rievocare ricordi e figure che hanno avuto un significato profondo dal punto di vista affettivo, anche perché proprio i nonni, così come i genitori in primo luogo, sono le uniche persone che ci vogliono veramente bene, e che ci hanno donato il loro affetto quando siamo cresciuti, per cui nella nostra intelligenza emotiva rivestono un ruolo ed un’importanza insostituibile. La favola risente certamente del contesto storico in cui venne scritta e ci ricorda l’ambiente sociale e l’epoca che ispirò i grandi romanzi di Charles Dickens e i suoi piccoli eroi, Oliver Twist e David Copperfield.
L’aspetto religioso e il passaggio al trascendente è ancora chiaro visto che in molte tradizioni spirituali, si racconta che gli spiriti dei cari deceduti vengano a “guidare” l’anima verso una dimensione di pace. Andersen potrebbe aver inserito la visione della nonna per evocare proprio questa credenza e per rappresentare il passaggio della bambina a un luogo in cui non avrebbe più sofferto.
Perciò anche se il racconto è estremamente triste, la visione della nonna, quindi la sua immagine, il suo ricordo vivo, introduce un elemento di conforto: ci rammenta che, anche nei momenti più difficili, il legame con chi abbiamo amato non si spezza e può riemergere come una luce che rischiara il buio della sofferenza. Infine, la scena può essere letta sia come un fenomeno psicologico (la mente che si aggrappa a ricordi positivi nei momenti finali), sia come un simbolo spirituale universale: l’idea che l’amore, rappresentato dalla figura della nonna, sia una forza eterna, capace di accompagnarci anche oltre la vita terrena.
Concludendo dobbiamo capire, imparare e divulgare che l’immaginazione è una capacità che permette all’essere umano di dare un senso al mondo, anche se questo valore sembra completamente assurdo, esplorando ciò che va oltre l’immediata esperienza sensoriale. In questo senso, religioni, favole e quindi l’esperienza letteraria in senso lato, elaborata sia da parte degli scrittori, sia da parte dei lettori, condividono un’origine comune nell’immaginazione collettiva dell’umanità, ma si sviluppano in direzioni diverse, arricchendosi ovviamente a vicenda, e traendo linfa creativa dal trascendente, dalla spiritualità, dalla narrazione, dalle immagini e dal simbolismo che ha accompagnato da sempre la storia dell’umanità.
La piccola fiammiferaia nella cinematografia.
Quando le parole falliscono, la musica parla.
Hans Christian Andersen
Nel 1937 la Screen Gems ne ha tratto un cartone animato che ha ricevuto la nomination all’Oscar. Versione interamente musicale, melodrammatica quanto basta.
La versione Disney, bellissima, solamente musicale, regia di Roger Allers, musiche originali di A.Borodin, è del 2006 e riceve una nomination all’Oscar 2017.
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